29.3.04

Arrivederci Milano

Potevo chiudere con Milano col concerto del mio gruppo preferito? Pensateci, la romantica storia delle circostanze che tramano cieche per realizzare il sogno di un giovane ragazzo del sud. Naaaa. Potevo chiudere con racconti disillusi di dischi nuovi/vecchi e avvinghiati al palo? Naaaa. Potevo non chiudere. Naaaa. E allora l’ultima fantasmagorica missione del sottoscritto è stata capire che tipo di ragazze frequenta i concerti de Le Vibrazioni, sfruttando l’occasione del concerto gratuito al Rolling Stone per la serie di live organizzata dalla televisione satellitare del figlio di Galliani.
L’atmosfera che si respira entrando pero è strana. Addebito alla mia distanza ormai accertata dal mondo giovanile la presenza di diverse ragazze dall’aria neodark (=capello neroorosso, viso pallido, rossetto neroorosso, merletti e croci su tessuto neroorosso). Una altissima e, ritengo, coetanea si aggira vestita come una delle Slits con tanto di buchi nei gambaletti a rete attirandosi le critiche delle mie colleghe e amiche. Un tipo cammina avvolto da una maglietta degli Stratovarius(!). Trovo tutto molto surreale, ma il bello deve ancora venire perché quando cantano Le Vibrazioni il pubblico reagisce in maniera inaspettata: una buona metà si mostra indifferente, un quarto applaude moderatamente e un quarto li sbertuccia. Giocano a fare i rock duri. Sul finale suonano una surreale coda strumentale rumorista in cui mischiano in maniera sicuramente non voluta la colonna sonora de Il Ciclone e Misirlou. Niente bis. Poi mi tirano addosso la bacchetta del batterista ma io che ero girato non capisco bene e allora la reliquia è preda del mio futuro coinquilino Alessandro.

This Is Just A Modern Rock Post: Glitterati

Ho avuto un problema al settore di boot e ho perso un anno e dieci giga di mp3. È stato un segno.
Ho incontrato Ginevra, che è stata batterista e che è incorsa negli inciampi di un cameriere catastrofico. Poi ci ha raggiunti anche Pulsatilla e taccio degli sviluppi della conversazione, perché sennò arrosisco.
Ho controllato il disco fisso con Knoppix e c’era ancora tutto.
Mi hanno dato del blog di regime per colpa tua, o Paola.
Ho ballato Found Love (ye-eh) di Double Dee.
Mi hanno citato in un articolo su Internet News e sono corso a comprarmi.
Ho assistito ad un rifacimento di Ballroom a ruoli invertiti.
Ho risolto il tutto dalla console di ripristino con un fixmbr. Non era un segno. A volte vorrei avere anch’io il comando fixmbr.
Ho incrociato per strada due cinquantenni identiche con gli occhi circondati da cerotti bianchi. Ho vissuto la stessa impressione provata la prima volta (massì anche tutte le altre volte) che ho visto le gemelle di Shining.
Ho ascoltato le mareggiate calde e fredde del nuovo disco di Fennesz.
Sono stato ad una festa di fallimento. Le feste di fallimento si cominciano a preparare quando i fornitori si cominciano a lamentare per i mancati pagamenti. Falliva lo studio di architettura di una coinquilina di un mio collega. Dovremmo festeggiare più spesso i nostri fallimenti.
Ho spostato le lancette alle due in punto.
Mi sono accorto per la prima volta ieri pomeriggio che tra tre giorni non sarò più qui.

Musica per ferri da stiro

Fin dall’inizio di FFWD abbiamo rivolto l’attenzione al bastard pop e alle sue evoluzioni: fenomeno nato morto, lettura del presente attraverso il passato, momento di liberazione da fisime e luoghi comuni e insieme lampante prova del tutto indistinto (o del potere della buona musica che nobilita anche la pessima, comunque la pensiate). Una delle recenti evoluzioni (o rantoli) è il bastard pop lento e morbido. Negazione? Ultimo paradosso? Non lo so, ma da quando lo uso come sottofondo per stirare le camicie ottengo risultati migliori. E allora ecco a voi una playlist-apprettoconilmanico.

Disco Inferno – mixmastermac
Crazy In California – MC Sleazy
A Different Stroke Of Genius – Freelance Hairdresser
Beats Intunenational – DJ Boast
Justin Allstars – Deep Disco Force
Are You A Visionary? – The Kleptones
A Day In Tracy’s Life – Soundhog

Negative Creep

Sarò diventato difficile, ma perché quest’anno non mi piace quasi nessun disco al primo colpo? (aggiornamento: eccezione che conferma la regola?)

Oggi

Finizi.

La canzone del giorno

The Point Of It All - Fennesz

23.3.04

YTYA: Elena, 26 anni, lapdancer-stripper-tabledancer-americanplayer

Il mio vero nome è Phaedra e ho cambiato nome solo per evitare le battute del pubblico musicofilo “ti posso solo guardare?”, come in quella canzone dei My Dying Bride. I miei capelli rossi, a volte rosa, sono tinti. Non vi interessi perché lavori qui in questo locale, non ho spiegazioni per soddisfare il vostro punto di vista. E non volevo fare la ballerina. Però voglio parlarvi di un disco.
Le altre ragazze si omologano nel supino sottofondo del più banale hiphop, tranne forse Svetlana che si priva di vesti piratesche e del suo uncino sull’inquietante, almeno in questo caso, DJ Francesco. Il nostro dj si agita come un ossesso mentre nessuno lo considera: tutti hanno occhi solo per noi. Io sorrido quando suona On The Floor At The Bootyque, lui ha il vizio dei giochi di parole. Sa che mi scateno solo quando mette un disco e al culmine della serata so che arriverà.
Tim ‘Love’ Lee, per un po’ tastierista di Katrina & The Waves, l’uomo senza il quale il mondo non avrebbe avuto At The River dell’invicibile Armada. Il suo Confessions Of A Selector è un disco maledetto, spesso trascurato quando si elencano i capisaldi del genere. E dire che in Everybody Loves The Jungle si sentivano già i canarini. Un caldo miscuglio di funk, elettronica e chincaglieria da colonna sonora porno. La copertina del doppio vinile è ormai più impregnata di incenso che le poltrone di velluto rosso. E forse sarà discutibile la suite delle cinque canzoni finali – scoprite voi perché – ma quando ballo Again Son la gente non capisce più niente e quasi sviene, trascinata dal basso pervertito.

Dawson’s Creek - The Movie

Fragole transgeniche dell’Esselunga grosse come patate trangugiate prima di uscire. I punti della carta Fidaty finanziano l’ironia della sorte: chi va avanti veloce, seduto assiste a riavvolgimenti-itnemiglovvair. Non basta citare 21 Jumpstreet e bestemmiare 7th Heaven, quello sì sadicamente geniale. Tanto più che la scena della tricotillomaniaca suicida ci riporta alla memoria Mariah Carey quando ancora non era una ciospa trattata. E insomma alla fine si era andati solo per la colonna sonora e tomandandy fanno DDM (primo D is for Dumb). Nella sala vuota non c’è la generazione di un film generazionale malriuscito.

Oggi

Love matches.

La canzone del giorno

Music To Watch Girls By - Andy Williams

20.3.04

YTYA: Pasquale Riti, 35 anni, archéologo

Un archéologo non è un archeologo, ma non fantasticate troppo. Non ci divertiamo più di loro. Tutto incomincia da qualcosa? Questo ci chiediamo, dietro la scrivania o anche a casa. Noi archéologi infatti possiamo lavorare a distanza. Gli archeologi devono. E non so se anche voi conosciate il piacere di andare al lavoro cambiando stanza, col capello arruffato quanto volete, in mutande o con l’abito elegante con cui state per uscire. Ascoltiamo molta musica, noi archéologi. Per questo mi hanno chiamato qui.
Ne avete abbastanza delle nuove sensazioni di quest’anno? Io vi propongo quella dell’anno prossimo. Dimenticate tutti gli altri. Riciclate il vinile dei Rapture e fatene una padella per prepararvi i popcorn. Tagliate il salame usando il cd di Elephant dei White Stripes per ottenere fette sottili. Suonate a ferragosto se proprio dovete le canzoni di Natale di The Darkness. Spacciate le magliette dei Franz Ferdinand come linea di abbigliamento alternativa a Tommy Hilfiger. Sono arrivati per farvi ballare e sudare. Sono The Sonics.
Insieme dal 2000 e dopo diversi cambi di formazione, The Sonics si sono fatti un nome suonando dal vivo in luoghi sempre più grandi e sempre più bollenti. Quest’anno è uscito il loro primo singolo, la tesissima The Witch, diventato un successo quasi per sbaglio grazie ad un’esibizione in un liceo di Tacoma. Da quel giorno i liceali bersagliarono di richieste la radio locale, rendendo The Witch la canzone più suonata nella giornata, pur essendo programmata quasi esclusivamente dopo che i ragazzi tornavano da scuola. Mentre l’attesa genereale è spasmodica, io sono già in possesso del loro primo album, Here Are The Sonics, in uscita l’anno prossimo. Il loro esordio è un concentrato di radici, spugne abrasive, motociclette che rombano nei garage e canzoni per ragazze vestite di pelle nera e lucida. E le canzoni natalizie sono ben due!
Inciso alla vecchia maniera utilizzando un registratore a due piste (!) e con amplificatori portati alle estreme conseguenze, Here Are The Sonics infonde nelle ritmiche energetiche della batteria e della chitarra, sapori blues e inaspettate ruvidezze pop, unendo la lezione dell’uso classico del pianoforte nel rock ad una innovativa e muscolare visione dei fiati, nella fattispecie del sax. Non saranno il massimo dell’originalità, soprattutto in pezzi al limite del plagio come le inarrestabili Do You Love Me, Roll Over Beethoven, Keep A Knockin’, Good Golly Miss Molly e Walkin’ The Dog, ma sono irresistibili: una volta sulla pista Have Love Will Travel, Strychnine e Psycho vi faranno ballare e sudare fino allo sfinimento. E se riuscite a beccarli dal vivo prima che diventino famosi, non lasciatevi scappare un loro devastante inedito, Louie Louie.

Oggi

In principio era la preposizione in.

La canzone del giorno

50 Cycles - Squarepusher

19.3.04

A Paola

E tu hai mai visto in concerto il tuo gruppo preferito? Io sì. E potrei chiudere qui con Milano, col sole che mi splende sulla testa e i milanesi che ancora non si sono resi conto e camminano imbacuccati con le loro sciarpe e non sanno che quella brezza non farà venire loro il mal di gola. Niente festa d’addio, niente ape-ironY, niente rimpianti. Ma prima vi racconto com’è andata.
Io ero lì. Ero lì con Enzo e La Laura di Polaroid, ammirevoli. Quando mi hanno avvertito al telefono del loro arrivo credevo di essere alla radio e stavo per chiedere una canzone, magari una di quelle che avevano sentito in viaggio. Incrocio le dita per il regalo che mi stanno cercando di fare. Ero lì con Giulia di Storie, che nelle poche parole concesse dal limitato tempo pre/post-concerto mi ha dato l’idea di una ragazza dolce e garbata. È stato buffo accorgersi con lei di come tanti nel mondo dei blog siano ricercatori. Ero lì con Valeria Pulsatilla e il suo Piero che potrà rinfacciarle questo concerto per i prossimi cento anni. Ero lì con quelli che i blog non li hanno e che ricordo tutti insieme con quel pirata di Lucio che ha registrato il concerto.
Prima dell’inizio uno strano insieme di persone sul palco si esibisce in qualcosa di completamente scorrelato dal resto della serata. Davanti a noi un tale si fregia di una maglietta dei Jethro Tull scatenando la nostra ilarità. Lo spilungone di prammatica arriva a un secondo dall’ingresso dei Belle & Sebastian e non scatena certo la nostra ilarità. Attaccano con uno strumentale. Ne faranno due, il secondo nei bis. L’andamento un po’ surf, un po’ mex mi suggerisce il battutone “Ma poi faranno anche Apache degli Shadows?”. Poi cominciano con Expectations. Le canzoni filano senza sbavature, con una scaletta che predilige i pezzi dalle ritmiche andanti e non trascura dischi ed EP, se si eccettuano gli abbozzi di Storytelling. La nuova violoncellista fa il suo mestiere, mentre Sarah conferma l’idea di essere una transfuga della Kelly Family, con tanto di flauto modello scuola dell’obbligo. Nel coro un clone di Tarantino attira l’attenzione di Enzo. Tutti si scambiano gli strumenti e tutti cantano: Murdoch è rispettoso delle sue canzoni e non le storpia come i cantanti che sentono il peso degli anni. Jackson assolve il suo compito, concedendosi una virata à la Elvis in The Wrong Girl.
Negli intermezzi qualche parola in italiano, autoironie sulle poesie riempitive e gli immancabili complimenti al pubblico di (guarda dove sei dietro la chitarra). Chiamano pure sul palco una ragazza per fare da traduttrice e, se non fosse per la piega comica presa dallo cosa, si avrebbe la spiacevole sensazione di una trovata alla U2. Lode comunque a Paola che esibisce un verde dal taglio anni Sessanta che sembra uscito dall’armadio di mia madre, impipandosene della copertina cowboy di Vanity Fair. A tal proposito verrebbe da chiedersi cosa fanno nel resto dell’anno le ragazze che sono lì al concerto: saranno sempre così attraenti nella loro polverosità, staranno lontane dai luoghi che frequento o si lasceranno andare indossando anonimi tailleur aziendali? E le canteremmo Step into my office, baby? A tutte tranne alle due che, ballando davanti a me solo per una canzone prima di spostarsi, hanno vendemmiato i miei piedi.
Nel frattempo l’unica canzone inedita si avventura su melodie e ritmi brazileiri in maniera obliqua. Fox In The Snow spicca come raro pezzo lento e soffuso, col pubblico che rispettoso non canta, mentre per tutto il resto del tempo aveva battuto mani, schioccato dita e ripetuto strofe e ritornelli. Anche le luci diventano morbide, rispetto al resto del tempo in cui l’estetica dominante è stata quella degli anni Ottanta. È sembrato infatti che Trevor Horn abbia avuto più influenza sulle luci che sui suoni. Colonne catarifrangenti prese da tir nascondevano cursori verticali. Laser freddi hanno robotizzato ove hanno potuto. E quando Enzo ha proposto a La Laura di salire sulle spalle per vedere meglio, tutto rimandava al Festivalbar del 1983. Il primo finale ha esaltato tutto questo nella splendida accoppiata tra Stay Loose, sublime tentazione che poteva essere più assecondata nell’ultimo disco, e la mia Sleep The Clock Around, ornata di sintetizzatore sul finale. Un tizio lì accanto se n’è uscito con un “A Superclassificashow ci sono, i Belle And Sebastian”, detto con tenerezza. Se avessero aggiunto anche Electronic Renaissance, non avrei saputo rispondere di me. Il pubblico in visibilio li ha richiamati per tre pezzi, ma tutti avrebbero voluto ancora di più, inediti, cover, cori pseudosudanesi. Si esce e ci si chiede cosa leghi i Belle & Sebastian alla distribuzione di campioni di profumo Cerruti. Le magliette non sono un granché, meno male che per me arriva la spilletta di Polaroid. Poi sono tornato con il 60 e col 33. Vi ho già detto che sono stato al concerto del mio gruppo preferito dove la domenica precedente avevo pestato i piedi alle ragazze che ballavano lì salsa, merengue e bachata? Ma non scandalizzatevi. A Milano splende il sole, Stuart Murdoch ride e io ho visto il mio gruppo preferito dal vivo.

Ah, se ne parla anche da Polaroid, Trentesimo Anno e Euston Station

Shivareeing

Nella colonna sonora di Kill Bill Vol.2: Chill’è Ammore c’è posto per Johnny Cash e Shivaree.

Archeologia della traccia multimediale

Anche nei giorni del vinile e del cromo i musicisti inserivano giochi e messaggi che potevano essere letti dai computer.

Oggi

Il sole splende. E io sono impazzito.

La canzone del giorno

Crickets Sing For Annamaria - Emma Bunton

16.3.04

Post Ironie: Indierock Heroes

Tanti auguri Poncherello.

Yo!Shimi

La versione hip-hop di tutto Yoshimi Battles The Pink Robots è forse abbastanza inutile, ma mi prospetta per un attimo l’idea insana e tentatrice che in giro ci siano le basi per il karaoke dei Flaming Lips.

Aggiornamento: Are You A Visionary? che riprende i Public Enemy di By The Time I Get To Arizona in Are You A Hypnotist spacca. Sembro ridicolo se dico 'spacca'? Posso vantare l'ascolto di qualche puntata di Venerdì Reppa se necessario.

La scuola del rock

Il cinema rideva sonoramente, come ci si aspettava. Sono un po’ deluso da come hanno doppiato la preside, abbastanza neutra. Applausi in sala durante due scene: il coinquilino Ned che sbatte la porta – quanta gente che avrebbe voluto sbattere quante porte – e JB che si tuffa sul pubblico e viene raccolto.

Tendengdengze (cip cip)

E ascoltando i Liars si pensa alla tendenza del duemilaequattro: pentolino, campanaccio o canarini? Io voto canarini.

“Come Ciaula”

E scoprire che su Mozilla la colonna a destra sta sotto.

The Singhsons

I Simpson vanno a Bollywood.

Appello

Me: presente. E voi?

Oggi

Si aspetta domani.

La canzone del giorno

Edge Of Seventeen - Stevie Nicks

10.3.04

Vecchi edifici che crollano?

Speriamo.

Copione (giri di valzer edit)

Chiedete e vi sarà dato a gratis. Questa volta grazie alla freepress sarò presente all’anteprima italiana di School Of Rock. Non ho deciso ancora chi portare con me, ma già mi sollazzo all’idea di potere comparire in uno dei servizi di Verissimo.

Nuovi crolli che edificano Pt. 1

O del come ho vinto il biglietto. La scorsa settimana una delle mie colleghe ha notato a mensa un ragazzo un po' strano, imberbe e con lo sguardo assente, che parlava da solo. Per due giorni ha continuato a indicarcelo in un misto di dileggio e, secondo noi, interesse recondito. Fu così che nacque la figura del "Giovane timidone" (stupidino@omissis.it). Ogni giorno dal suo indirizzo arrivava una mail per la collega che, a conoscenza del mio grado di follia sgocciolata, sghignazzava senza fine, non prima di avermi dato del matto. Per avere un'idea del carteggio riporto per intero e opportunamente censurate le mail in questione:

From: "Giovane timidone" (stupidino@omissis.it)
To: (omissis@omissis.it)
Subject: colpo di fulmine
Date: Mon, 1 Mar 2004 15:24:54 +0100

Ciao,
ti ho vista a mensa eri davanti a me mentre sono arrivato con la borsa e poi sono tornato indietro che sennò diventavo tutto rosso. Secondo me ti piaccio anche io l'ho capito da come ti giravi e guardavi verso di me e mi sentivo tutto rimescolato.
Un giovane timidone

(Il giorno dopo il personaggio non si presenta a mensa e scrive questo)

From: "Giovane timidone" (stupidino@omissis.it)
To: (omissis@omissis.it)
Subject: Un pomeriggio vuoto
Date: Tue, 2 Mar 2004 16:33:20 +0100

Ciao,
sono ancora io. Oggi non sono potuto andare a mensa. Ieri non ho digerito bene e oggi avevo il pancino tutto sottosopra e mi sa che non è solo colpa dell'impepata di cozze, ma di una cozza in particolare. Ma non dico questo per farti tenerezza. Adesso ti saluto che devo prendere il Geffen. Ti giuro che non me la faccio con la nanettona. E anche che non me la faccio, la nanettona.
Baciotti.

(La nanettona è uno dei personaggi a mensa. La collega mi ha rimbrottato perché la medicina si chiama Geffer, ma il mio era un self inside joke. Il giorno dopo la mia collega non è andata a mensa)

From: "Giovane timidone" (stupidino@omissis.it)
To: (omissis@omissis.it)
Subject: Dove sei
Date: Wed, 3 Mar 2004 17:52:32 +0100

Ciao paciocca,
oggi a mensa ad un certo punto mi sentivo disorientato e ho chiesto l'insalata alla tipa della carne. Pensavo dov'eri e dove avevo lasciato la borsa, che dentro c'era la tesi che ho quasi finito. Mi immagginavo che camminavi in un giardino fiorito col sole e le paperelle nel laghetto poi ti sedevi io arrivavo passavo accanto e ritrovavo la borsa. Ero felice.
xxx
stup.

(A questo punto decido di far entrare in scena personaggi di contorno. Quello che doveva essere il primo di una lunga serie è la sorella del giovane timidone)

From: "La sorella del giovane timidone" (sorella.stupidino@omissis.it)
To: (omissis@omissis.it)
Subject: Primo avvertimento
Date: Thu, 4 Mar 2004 18:33:09 +0100

Lascia stare mio fratello o ti prendo a botte, capito?

Nella giornata di venerdì decido di partecipare al concorso per vincere il biglietto ma quando mando l'email dimentico di rimettere a posto il mio account e così invio la seguente:

From: "La sorella del giovane timidone" (sorella.stupidino@omissis.it)
To: (omissis@dnaconcerti.com)
Subject: concorso einsturzende
Date: Fri, 5 Mar 2004 11:17:03 +0100

massimiliano omissis 329omissis

La figura, di per sé imbarazzante, è stata peggiorata dal dominio di posta che qui ho omesso. Dopo due minuti ho mandato una mail col mio account corretto scusandomi per l'accaduto (e immaginando le risate di chi ha letto il messaggio). Dall'altra parte mi hanno risposto "Hai vinto lo stesso". Chissà cosa penserebbe di me l'austero Blixa.

Salviamo il cinema italiano dagli italiani

Sottoscrivo il Dogma Italico 2004 di Spocchia. Mi impegno a non prendere più in mano la videocamera durante le feste coi parenti e sia maledetto Soderbergh e chi non ce lo dice pure.

Copione

Nel manifesto del divertente ma luogocomunista School Of Rock campeggia il permesso concesso da Rolling Stone per l'uso del design nel titolo. Io do a te e tu dai a me.

The Pink Panzer

Una rapida occhiata alla popolazione femminile incrociata nel breve tragitto casa-istituto mi convince di una cosa, a proposito del rosa. Tre tipi di approcci si riscontrano nei confronti del colore dell'anno. La gran parte delle rosate, soprattutto le più giovani, aderiscono al precetto attraverso un accessorio, tipicamente la sciarpa. Una ristretta percentuale ha ripreso dagli armadi cappottini e piumini appartenuti ad altri cicli storici, sfruttando anche l'effetto anticaglia. Poi ci sono quelle che hanno comprato un bidone di vernice rosa. Ecco, credo che la storia dei revival del rock sia più o meno simile.

Nuovi crolli che edificano Pt. 2

Faccio parte della lista e allora decido di comportarmi come tale. Arrivo tardi a concerto iniziato. Agli accrediti ritiro il mio biglietto con nonchalance. Mi posiziono nella zona vip, lontano in fondo dietro al mixer mentre tutta la calca plebea si ammassa davanti al palco. Giuro che non lo faccio per preservare i miei timpani, assumo anche un’espressione un tantinello spocchiosa. Blixa Bargeld si è foderato la giacca col panno verde della roulette. La band si produce in un inquietante gioco di società, il campionato di capigliature di cantanti famosi negli anni Ottanta: Simon Le Bon, Tony Hadley, James Hetfield, Art Garfunkel. Grande musica nella consueta e rumorosa sequela di solenni minchiate e rapimenti sgrang. Vendono il doppio cd del concerto appena sentito, iniziativa da applauso se non fosse per il prezzo astronomico. Guadagno per primo l’uscita da buon vip e al guardaroba incrocio un consulente Accenture dalla faccia pulita e dalla fidanzata stanga che è andato al concerto direttamente dal lavoro. Ma forse non è dell’Accenture, ha la giacca chiara.

Nuovi crolli che edificano Pt. 3

Pensavo che per il trasloco nella villa di Palese mi sarebbero stati utilissimi gli inservienti degli Einstürzende Neubauten, ma poi durante l’ultima canzone sono caduti per terra i tubi vicino al tastierista.

Delusioni annunciate

Non è stato come quello. Lo prevedevo. L’ho intuito quando alle ottoemmezzo è salito sul palco un residuato del grunge del quale non ho ben capito il nome. Due signore sulla quarantina, o forse solo trentenni che portano male gli anni, mi hanno chiesto con testuali parole “Scusa, ma è lui Damien Rice”. Poi Josh Ritter ha detto di essere in Italia per la prima volta, ma non c’era anche lui l’altra volta? Josh Ritter se la ride con la sua giacca artatamente consunta, nella cui tasca frontale tiene una penna come un ragioniere e non si sa bene perché. Josh Ritter se la ride mentre un tipo probabilmente irlandese alle mie spalle urla le sue canzoni e si sente chiedere se is your brotha? da una ragazza lì accanto. Josh Ritter se la ride e chiede della festa della donna e riceve in risposta che deve fare uno stiptease. Josh Ritter se la ride e interrompe una canzone per fare urlare il pubblico. Josh Ritter non se la ride più quando prende una chitarra bucata e canta sul bordo del palco, pretendendo silenzio, senza microfono e senza amplificazione, una canzone che ha scritto per Johnny Cash. La meno interessante di quelle succedutesi fino a quel momento.
Lo capisco anche dal maglione patchwork di Damien Rice che non è serata? Saluto Lara che l’altra volta mi ha dato un passaggio in macchina. Il concerto mi coinvolge poco. I suoni sono molto più pompati dell’altra volta, soprattutto la batteria. Si sa che quando il materiale è poco si stiracchiano le canzoni, ma dove l’altra volta si intuivano possibilità o si intrecciavano canzoni altrui troppo diverse o troppo simili alle proprie, questa volta si ha una sensazione di posticcio. Come la fine Neubautenica di Amie su cui spunta persino una cassa da discoteca ottenuta dall’autocampionamento della chitarra, strumento digitale di cui Damien spesso ha qui abusato. Lasciamo perdere la paralisi rivolta al cielo durante tutto il casino. Quasi si ringrazia il troncamento come da disco di The Blower’s Daughter.
Più negativo è però un altro aspetto: la scaletta. Mentre nel concerto di Novembre i pezzi si susseguivano creando picchi e avvallamenti, questa volta le canzoni si sono affastellate in maniera disordinata. Lisa Hannigan poi interviene con grazia, ma non compare più dal nulla e anzi te la vedi che si fa le facce col bassista (il bassista è andato avanti per quasi due minuti così), mentre davanti Damien è impegnato in tutt’altro. Niente bicchieri di vino sul palco, niente storielle assurde a introdurre le canzoni, se escludiamo la geniale (e credo involontaria) introduzione ad Amie: “ho mangiato una mozzarella di bufala” sembra la solita tiritera sul buon cibo italiano, ma poi richiama la ragazzina col cappotto rosso di Schindler’s List, dice che questa canzone è su una strana persona che spunta all’improvviso e, coup de theatre, la ragazzina di Schindler’s List è come la mozzarella di bufala e lui dedica la canzone alla mozzarella. Poi la storia del formaggio viene ripresa per il gorgonzola.
E la violoncellista stava male per colpa dell’insalata tedesca e se n’è andata via prima della fine e ho visto in anticipo che avrebbero fatto solo due canzoni per bis, come da gesto da pallavolista di Lisa. E fine del concerto in tempo per tornare con la metropolitana. Se dovessi insomma descrivere la serata mi verrebbe in mente un’uscita infrasettimanale, di quelle in cui ci si trattiene perché un tuo amico è troppo stanco o perché domani si deve svegliare presto. O anche la seconda volta in cui stai con una ragazza con cui ti eri lasciato e la prima ti era sembrata speciale. Ti viene il dubbio se davvero fosse speciale. Meno male che la chiusura con l’Hallelujah alla fine di Cold Water mi ha risollevato.

Oggi

InOltre.

La canzone del giorno

Divine Invasion - Trans AM

8.3.04

Bee hives

Sul sito dei Broken Social Scene potete ascoltare per intero il nuovo disco, una raccolta di b-sides, all’interno del quale trovate anche una versione, a tratti, da brivido di Lover’s Spit cantata da Leslie Feist.

Musica Mashup! – La Critica Bastarda Vol.1

Electro & Dance
cLOUD7 – When Ten Falls
Big Dilemma

OOOO

Armonica a bocca e hip hop apolide:
dalla nuvola 7 senza passaporto

L’hip hop in libera uscita dagli studi di registrazione. Tanto che non lo si può definire quasi tale. È la storia del collettivo americano AntiGodrich, a cui tra gli altri fanno riferimento i visi pallidi Henry Binns, Odd Donsam e Why? Al primo spetta la fama di versione hip hop inglese degli Air Beans. Gli altri due invece badano al "messaggio", tutt’altro che diretto, ed elegante: una sorta di surrealismo esistenzialista sconcertante. Che poi non è un insulto. Le trame e gli arrangiamenti visionari di Pop Home sono opera di gente che crea con una visione sonora indolente, non con una chitarra in mano. Eppure i cLOUD7 ne fanno canzoni, poco hip per essere hip hop, troppo perse in salti e sogni per essere rap puro. Rifle Of The Unicycle sta al soul come i dipinti di Picasso stanno alla figura qui accanto. I vocalist non fanno mai la differenza. The Warm Ant sfiora i Beastie Boys trattati col valium. È ciò che capita quando musica tanto eterea gioca brutti scherzi, quando viene proiettata nella settima dimensione, come appunto avviene in questo caso: e pazienza se quando arriva l’ultimo brano diventa altro da sé.

Ti piace? Ascolta anche..
Air Beans: Talkie Right
Mystic Bip: Beneath Another Sun

Io ballo da solo

Negli anni Sessanta si perse il contatto. Nonostante Franco e Ciccio in un film avessero provato a lanciare il ballo dell’Ammucchiata.

Pispa e Vispa

Il titolo è liberamente tratto dal mio libro di prima e seconda elementare e dai nomi dei due protagonisti, un omino e una donnina stilizzati immersi in un mondo casalingo minacciato dai robot. Un omino simile a loro è protagonista di Weapon Of Choice.

Vouch er

Non mi fido. Ma poi da Ricordi mettono in sottofondo proprio quella canzone. E però mentre lo ripongo nel portafogli mi risuona in testa quella frase di quel film, “M’hanno fatto un buono. Che vor di’?”

Sanremo File: un festival col reggipetto

Distante da Sanremo quest’anno, come non avrei voluto. Ho cercato di sentire la prima serata col commento della Gialappa’s su internet, ma troppe persone hanno provato insieme. Seconda e terza serata perse per impegni esterni. Venerdì mi sono collegato alla radio in anticipo in modo da evitare che qualcuno mi prendesse il posto. Ho ingannato l’attesa sovrapponendo la canzone del giorno - uh, Four Tet sta producendo il disco di James Yorkston & The Athletes -, ad una tizia che alla radio leggeva un libro che parlava di fotografie particolari. Purtroppo però la puntata era presentata da due tipi circondati da finti ambasciatori e in più i cantanti di questa edizione si esibivano in vecchi pezzi del Festival. Danny Lo Sito, sapido, cantava Nessuno mi può giudicare, ma votare sì. Sabato ho visto pezzi della finale a casa di mia zia, ma abbiamo saltato la parte dopo Celentano per vedere filmati parentali. La mise di DJ Francesco scandalizza me, ma non il pubblico di Sanremo. E arrivo alla fine senza aver sentito Danny.

Nero²

Dopo il Grey Album è venuto il momento del Double Black Album, ottenuto mischiando Jay Z e Metallica. Se volete cimentarvi in prima persona, c’è anche chi ha messo in giro il Jay Z Construction Set.

Oggi

Non si parcheggia in prossimità dell’incrocio.

La canzone del giorno

Parks - Four Tet

5.3.04

Shouts are sexy

Ho vinto un biglietto per il concerto degli Einsturzende Neubauten. Finora le uniche altre cose che avevo vinto erano la maglietta di Planet Rock e il tappetino per il mouse dei Chemical Brothers.

Oggi

Colpi di fortuna. Botte di culo. Drang drang.

La canzone del giorno

Stella Maris - Einsturzende Neubaten

4.3.04

You (Didn’t) Make It Easy

Ci si fanno strane idee. Per esempio mi viene il dubbio: sarò mica io l’unico che va al concerto con la circolare sinistra, la beneamata 91? Dice la mamma, nel dubbio mettiti il vestito buono. Invece stanno tutti seduti per terra davanti al palco coi loro bluginz. Ci si fanno strane idee. Per esempio che al concerto degli Air ci vadano gli architetti con le modelle. E la ragazza + ragazzo seduti davanti a me sfogliano per l’appunto una rivista di architettura, ma lo fanno con l’occhio di quelli che vogliono solo scopiazzare un’idea, giusto per rendere meno spoglio il loro bucolocale. Una volta che non scorgo vip davanti a me, non mi volto indietro. Smanetto con la macchina fotografica ottenendo che tutte le foto scattate da lì a poco col flash sembrano tratte da un documentario sulla nebbia. Distribuiscono copie promozionali (invendute?) di Rockstar con Gim Morrison in copertina.
Apre la serata un duo. Lei è una bionda sassy (se ricordo bene il significato), lascia scoperta la panzè e sembra la mia cugina che ascoltava i Ragazzi Italiani. E ha la faccia, simpatica almeno, di una che si chiama Tabitha. Lui è bruno allampanato, una sorta di figlio di Lurch degli Addams, ma meno urendo. Non avrei mai scomesso un centesimo sul fatto che fosse italoamericano e si chiamasse Vinny Cafiso. Lei canta e ogni tanto pigia tasti sulla tastiera. Lui canta e ogni tanto schitarra e si effetta. Usano basi preregistrate che fanno tanto programma televisivo e hanno una passione per le paperelle. Ne hanno ovunque, tante davanti alla tastiera e una attaccata alla chitarra che presto scompare. So’ giovani e si vede, fanno una specie di pop sintetico alternando lo stile da bigbabol panna e fragola quando canta lei a quello bigbabol alla cocacola quando strimpella lui. Due o tre pezzi sfiorano in maniera innocua lo shoegazing, forse è la canzone in cui ha collaborato Kevin Shields dei My Bloody Valentine. Non si sa il loro nome e quando Tabitha introduce un pezzo che fa para pappara dicendo ‘Christina Aguilera’ non si sa se si chiama così il gruppo, la canzone o se fanno una cover. Poi però lo dicono che sono i Joy Zipper. Il pubblico, divertito, li applaude.
Poi il verde. Salgono sul palco gli Air. Prima sale però il batterista che fa anche da secondo chitarrista, quando la traccia registrata di batteria elettronica concede: rastato ed energico. Nelle retrovie scorgiamo un tastierista di sostegno e un tipo che sta davanti a un laptop rosso con l’adesivo della Ferrari, anche se sembra della Dell. Gli Air si sparano le pose, guardano nel vuoto, non arrivano mai in maniera retta allo strumento, ma sempre attraverso uno svolazzo. Lui però ogni tanto ride. L’altro è più restio. Lui è addetto alle chitarre, al basso, al fischio e al vocoder. L’altro è addetto alle tastiere/sintetizzatori, con tanto di tastiera blanca alla Sandy Marton From Ibiza, al pianoforte e alla voce femminea.
Il concerto predilige, come ci si aspettava, l’ultimo disco che viene eseguito quasi per intero. È curioso come le canzoni che preferivo in Talkie Walkie siano quelle eseguite peggio. Cherry Blossom Girl è meno fascinosa, quasi sciatta nel privarsi di sottigliezze (o sottilette, il flauto, il tic tac) in favore del ritmo, e la chitarra sembra meno vaporosa. Per non parlare della voce che sul disco pare quasi di donna sensuale e qui invece soprassediamo. Run viene affogata in un basso slabbrato e circondata da effetti dub fuori contesto. Paragonate poi agli altri pezzi, quelli di WT a volte sembrano o troppo complicati o troppo semplici, come per esempio Venus dove l’altro preme tre o quattro tasti al pianoforte, per poi passare a una tastiera anonima rispetto alle ricercatezze analogiche che seguiranno di lì a poco in altre canzoni. Curioso invece il trattamento riservato al fischia fischia di Alpha Beta Gaga, svolto in un tempo dispari che rende un po’ più obliquo un pezzo che su disco rasenta la sigla televisiva anni settanta. Accelerata per ballare Surfin’ On A Rocket, introdotta da un cappello sull’uso del sesso nei testi aerei, e piuttosto simile la Biological del primo bis.
Il resto è il passato. People In The City viene virata in chiave latina sul finale, due in uno sono ripresi dalla colonna sonora de Il Giardino Delle Vergini Suicide, senza però il testo di Highschool Lover, e qualcosa anche da Premiere Symptomes se non sbaglio, ma mi sbaglio. Splendide splendenti le canzoni di Moon Safari. Remember e Talisman, anche se privata della dinamica di una vera orchestra sul palco. Mancano per ovvi motivi quelle cantate e inspiegabilmente Ce Matin La - ma non lo sapevano che andavo al concerto? Kelly Watch The Stars scatena le danze e chiude prima dei bis. Nel primo bis La Femme D’Argent concede spazio sul finale al tipico assolo indiavolato del batterista, che non suda ma riporta alla mente Labranca e la sua lamentela relativa a certe esagerazioni tipiche del rock che ora affligono anche l’elettropop. Chiude il tutto, nel secondo bis, una fumigante Sexy Boy di cui potrete vedere un minuto fino alla fine della settimana, cliccando sulla canzone del giorno. Due precisazioni: non ho l’Alzhaimer, ma stavo ballando mentre riprendevo; non è una versione gabber, ma l’audio è leggermente distorto per evitare problemi di diritti d’autore.
In uscita fotografo il pubblico che è davvero tanto e ha riempito l’Alcatraz e meno male che sono arrivato presto altrimenti me la scordavo la terza fila. Un breve giro davanti al merchandising mi convince che gli Air difficilmente tireranno fuori magliette che mi piacciono. Forse perché non ne comprerei una con le loro facce sopra o forse perché l’Air su una maglietta può fare troppo Nike. Però fuori ho trovato una t-shirt a maniche lunghe di quelle con tutte le date dei concerti da Milano in poi. Come quelle che avevano i miei amici che ascoltavano heavy metal. Poi rincorro la circolare destra con un ragazzo e una ragazza. Lui non conosceva molto gli Air, è di Agrigento e studia qui Lettere. Lei è una tipica bruna milanese, ma almeno non ha il tono di voce da tipica bruna milanese. Racconto un po’ che ci faccio qui ed esagero q.b. coi particolari. Poi a piazza Piola due ragazze ventenni mi hanno chiesto dove si prendeva la circolare destra. Mi hanno dato del lei. Tutta colpa del vestito buono.

Perché Sanremo qui purtroppo non è Sanremo

Con estremo rammarico la redazione di effeffevudì si scusa per non poter trattare San Remo con la dovuta e meritata attenzione, come peraltro fece l'anno scorso con la serie dei Sanremo Files. Impedimenti logistici e impegni superiori ci hanno impedito la visione della kermesse e l'ascolto della radiocronaca su Radiodue. Vi rimandiamo però a due osservatori attenti che colmeranno anche le mie mancanze: le Chronicles di Trentesimo Anno e il collettivo di Zittiancheasanremo2004. E forza Danny sulla fiducia.

Oggi

Nell’aria.

La canzone del giorno

Sexy Boy (Live In Milan) - Air

2.3.04

YTYA: Gioacchino Tosi, 31 anni, sincronizzatore di semafori

Ciao, mi chiamo Gioacchino e lavoro per una collegata del comune di Milano. Il continuo mutamento delle abitudini dei miei concittadini rende necessario l'intervento mio e dei miei colleghi. Io sincronizzo i semafori. O meglio, io risincronizzo i semafori. Spesso cambiano i volumi che afferiscono alle principali arterie ed è necessario ridistribuire i tempi per ottimizzare l'interoperatività semaforica e minimizzare i tempi di attesa e la lunghezza delle code. L'incremento dell'età media, associata però al miglioramento dell'aspettativa di vita e delle condizioni dell'anziano, pone sul fronte del caso peggiore nuove eccitanti sfide a cui rispondiamo con modelli stocastici avanzati e complicate analisi statistiche. Il momento cruciale resta però quello in cui, cronometro alla mano, scatto al verde e attraverso la strada, in macchina o a piedi. Mentre lo faccio ascolto musica con auricolari piccoli e leggeri.
Nella presente occasione sto provvedendo alla sincronizzazione dei gruppi semaforici all'incrocio tra Via Rombon e Via Crescenzago. Le variabili in gioco sono diverse: trattiamo una delle portanti di collegamento provenienti dalla tangenziale, dobbiamo tenere conto di attraversamenti a incrocio e abbiamo bisogno di snellire i tempi concessi alle affluenze. Mentre inizio ad attraversare a piedi verso il ristorante cinese, ho in cuffia il nuovo disco di Bonnie 'Prince' Billy. Will Oldham, invece di pubblicare un greatest hits delle sue varie incarnazioni Palace-qualchecosa, ha registrato da capo i pezzi scelti dai suoi fan, dando loro una nuova veste sia dal punto di vista musicale che da quello dell'interpretazione. Accompagnato da un supergruppo di Nashville, Billy si ritrova fuori da quella porta e qualcosa è cambiato, dall'anno scorso e da quando queste canzoni sono state scritte. Gli umori di Billy sono meno uniformi che in Master & Everyone e quella che era una scarna camera riempita da una chitarra e da pestoni sul pavimento, ora è un susseguirsi di ambienti ornati di ricche orchestre alla maniera dei Lambchop pre Is A Woman. Forse a tratti potrebbe sembrarvi troppo country che qui decidiamo con che velocità scattano le luci e campagna non ne abbiamo, ma allora non allontanatevi e prendetene solo una parte, prendete Gulf Shores, The Brute Choir, Agnes Queen Of Sorrow, Viva Ultra e Riding. Ma date un po' di spazio, se potete, anche al country, un po' charleston anni 30 e un po' vaudeville, di I Am A Cinematographer. Ecco, chi inizia ad attraversare, arriverà dall'altra parte.

YTYA - Y Testymonyal Ympossybyly Ascoltano

Parte una nuova rubryca o meglyo questo è yl suo numero zero. Gente comune e personaggy affascynanty descryvono yl dysco che hanno sul lettore, yl loro preferyto o quello che non sopportano. Per una volta la parola passa a loro. E presto voy potreste essere tra loro.
PS: alcuni di voy avranno yntuyto perché uso le y. Chy ynvece non ha capyto ed è curyoso sappya che non avrà rysposta yn pubblyco.

Domani

Gli Air all’Alcatraz. Intanto hanno spostato il concerto dei Belle And Sebastian al Rolling Stone (Hanno venduto pochi biglietti? Hanno venduto troppi biglietti? DJ Angelo vuole provare per il venerdì sera?)

Oggi

Martedì (2).

La canzone del giorno

Echonomy - Bus

1.3.04

Hanno rifatto Michael Jackson

Dei pazzi scatenati tedeschi hanno rigirato il video integrale di Thriller col Lego.

Sonic Youth Gone Wild

No, lo sdoganamento del metal no! Meglio la discografia funk di Bill Cosby a un certo punto.

Pingucrazia

Il nuovo video degli Shins: pinguini totalitari.

Hyper Hyper*

Alla domenica si esce da quel posto su più piani con dischi, libri, dvd ed elettronica con due sensazioni.
Uno. Un po’ meno conversazione e un po’ più big beat. Se un pubblicitario passa di qui non se la lascia scappare. C’è questa canzone che Rivers Cuomo, il tipo degli Weezer, ha scritto per Mark Ronson, modello e dj per serate da ricconi ‘merigani e figlio di uno dei ragni marziani, che me lo ha presentato Emmebi, chettelodicoaffa’. I Suck. Canzone da nerd, la Loser di Cuomo, che avrà ancora gli occhiali alla Buddy Holly e sarà ancora un indie-nerd, ma qui sta col nemico(?). Anzi, sembra uno di quei finali dei film sui nerd, quando i nerd vengono acclamati dai tipi delle confraternite e abbracciati da poppute ragazze bionde. Morale della favola? Col video giusto potrebbe essere uno dei tormentoni della prossima estate.
Due. Damien Rice al Rainbow su Ticchetaccheuan è andato esaurito prima che potessi prendere il biglietto. Sarà necessario spostarlo all’Alcatraz? No, perché lì ci sono i Centocelle Nightmare per la festa della donna.
* Dove si citano volutamente gli Scooter e Marco Zaffarano.

Pensiero stupendo

Quando vado da mia zia di domenica mangio troppo (per stare di spalle) e poi faccio sogni brutti a occhi aperti. Per esempio i Dhamm riaffiorano dalla memoria e il loro cantante si unisce ai DB Boulevard per Sanremo. Poi leggo che i Double Dee non si piegarono a logiche commerciali. Poi sono seduto sul bracciolo tra Marinella Venegoni e Mario Luzzato Fegiz.
PS: la Venegoni non aggiorna il blog dallo scorso Luglio.

Cover girl

Bisogna avere modelle nella vita.

Oggi

Non solo moda.

La canzone del giorno

Das Modell - The Cardigans