12.7.04

Traffic Festival: I non protagonisti

La riccia bionda ragazza tintinnante. Mi ha detto solo grazie per il posto. Mi sbirciava mentre smanettavo con la macchina fotografica per fare foto in bianco e nero, per escludere il flash, per coprire la spia rossa. Prima che i due protagonisti si incontrassero e prima che mi abbandonassi totalmente al fascino della banalità nobilitata dal cinema. Dopo che si è accesa la luce e dopo gli applausi è corsa via dal cinema, da sola.
 
La ragazza, i sandali, la pioggia, il parco. Uno dei miei coinquilini solleva il dito e accenna un sorriso. Lei risponde “Non dire niente”. Ancor’oggi discutevamo se il suo tono fosse scherzoso o minaccioso.
 
Il cameriere foggiano. Il cameriere foggiano della pizzeria dietro casa ha l’aspetto di uno di quei lottatori della wrestling che non diventerà mai campione, ma di cui tutti conoscono la storia. Porta strani intrugli di aperol e vino bianco millantandoli come aperitivi e riceve in cambio tutta la nostra confusione.
- Buon appetito, ci dice.
- Altrettanto, rispondiamo.

La donna che decise di salutare tutti gli abitanti di Torino, uno per uno. Spalle al palco, ne conosce di tutti i tipi. Alti e dai capelli lunghi, antipatiche da incontrare domani ad una festa. Insospettabilmente non ha un pass per la zona proibita, dove invece una bambina zompetta incurante delle pose di tutti.

La donna del negozio “divertirsi con la scienza”. È una hippie, ha dei capelli un po’ gialli e un po’ arancioni, mica come quelle coi capelli un po’ biondi e un po’ rossi. Da piccola aveva un monociclo, ma non cadeva. Moti perpetui a base di gravità, ciarpame orientale, giocattoli. Se non cominci, non imparerai mai, dice. Vedo tutti i miei difetti, uno dietro l’altro, quando le viene chiesto come imparare a fare le figure con gli yo-yo: io suggerisco la ricerca di pdf su internet, lei tira fuori un libretto con dei disegni in bianco e nero. Ci chiede particolari logistici sul concerto degli Stooges e ci saluta dicendo che forse ci si vedrà dopo lì. Il pubblico di Via Po, indi, assiste sbigottito al passaggio un tizio, una tizia, uno yo-yo e un delfino.

Le venditrici di orecchini. A Torino la gestione di un negozio dark-metal con annessa appendice street-style e skate-fashion è la stessa di un negozio chiamato “Solo rosa” o giù di lì. In via Po invece una ragazza vende in un banchetto orecchini da lei prodotti. Passata la forca caudina (avevo sempre sognato di dire forca caudina e non forche caudine) dell’è meglio il paio a triangolo retto o quello col semicerchio al posto dell’ipotenusa, fantastico di come lei forgi metalli distrattamente davanti alla tv. Sarà rumoroso farlo?

L’uomo dell’anno (cfr post con le foto). Per dieci minuti tiene in sospensione sulla mia crapa un bottiglione contenente perlomeno due litri di birra. Non credo emetta vere e proprie parole, comunica con pacche sulle braccia e indicazioni per l’atterraggio di astronavi rock. Asseconda inspiegabilmente persino il tragicomico gruppo spalla. Rolla sigarette che non saprei dire se di droga e le passa nell’ordine ad un brizzolato che si è presentato lì in tenuta da visione del programma di Papi in villetta di campagna rustica, ad alcuni del nostro gruppo, ai giovani dai capelli lunghi che in seguito cercheranno la rissa un po’ con tutti. Leggende strane lo descrivono come un parente lontano di Belushi, caduto da piccolo in un pentolone di Raw Power. Scompare misteriosamente all’arrivo di Iggy Pop, ma non provate nemmeno a pensare a lui come ad una sorta di Clark Kent.

Le pogatrici. Ho sempre avuto grande rispetto per le pogatrici, anche perché di solito non rispettano gli stereotipi del genere, dell’AC, la cosidetta Alternatività Codificata. E allora qui il mio saluto e il omaggio va a cinque ragazze in particolare: alla ragazza bassina dai capelli corti che ha resistito fino alla fine sotto al palco, urlando come un’ossessa i testi delle canzoni dell’Iguana; alla ragazza che non ha distrutto i suoi occhiali e che mi ha scelto come bersaglio per circa due minuti consecutivi prima dei bis; alla ragazza che assomigliava a Fio; alle due ragazze abbigliate come dipendenti di un ufficio di certificazione qualità in libera uscita dallo sguardo spaurito che si sono buttate in mezzo per vedere com’era lì.

I tre ubriachi davanti alla grigliata e la spilungona torinese. Va bene resistere ai colpi di una massa contundente col solo conforto di qualche sorso di birra e raw power. Va bene un panino con salsiccia, quando si azzannerebbe un porchetto intero. Va bene tutto. Ma poi davanti alla griglia mi capitano tre ubriachi, uno che si finge ricevitore di accrediti per panini, uno che attacca un interminabile pippone su quanto sono simpatico, sullo sport e sul Palermo e sul Torino (e sulla Juve) e uno che sta lì solo per ridere. All’arrivo di una quarantenne platinata appena più alta del consueto hanno cominciato con lei una dissertazione sul gioco del basket e della pallavolo. Meno male che poi ho preso il panino.

Chiara. Mi manda un messaggio di condoglianze per la maglietta persa degli ziu ziu e la richiamo nonostante il ronzio di fondo del mio apparato auricolare e il casino circostante. Si parla di !!! e di altro e poi la faccio salutare da Benty che aveva problemi auditivi anche superiori ai miei. Credo che ci abbia preso per due ubriachi, ma io ero sobrio (Benty, prrrr).

La mia vicina di casa. La mia vicina di casa residence ha ottant’anni, è sofferente e vive con la figlia sessantenne, dalla faccia gommosa e dai capelli nero china. Sabato notte alle quattro e mezza dall’appartamento accanto al suo arrivavano musica e deliri vari ad opera di tre molesti blogger e di un blogcugino. Lunedì ha litigato pesantemente con la figlia, vietandole di sposare il suo nuovo fidanzato.