20.3.04

YTYA: Pasquale Riti, 35 anni, archéologo

Un archéologo non è un archeologo, ma non fantasticate troppo. Non ci divertiamo più di loro. Tutto incomincia da qualcosa? Questo ci chiediamo, dietro la scrivania o anche a casa. Noi archéologi infatti possiamo lavorare a distanza. Gli archeologi devono. E non so se anche voi conosciate il piacere di andare al lavoro cambiando stanza, col capello arruffato quanto volete, in mutande o con l’abito elegante con cui state per uscire. Ascoltiamo molta musica, noi archéologi. Per questo mi hanno chiamato qui.
Ne avete abbastanza delle nuove sensazioni di quest’anno? Io vi propongo quella dell’anno prossimo. Dimenticate tutti gli altri. Riciclate il vinile dei Rapture e fatene una padella per prepararvi i popcorn. Tagliate il salame usando il cd di Elephant dei White Stripes per ottenere fette sottili. Suonate a ferragosto se proprio dovete le canzoni di Natale di The Darkness. Spacciate le magliette dei Franz Ferdinand come linea di abbigliamento alternativa a Tommy Hilfiger. Sono arrivati per farvi ballare e sudare. Sono The Sonics.
Insieme dal 2000 e dopo diversi cambi di formazione, The Sonics si sono fatti un nome suonando dal vivo in luoghi sempre più grandi e sempre più bollenti. Quest’anno è uscito il loro primo singolo, la tesissima The Witch, diventato un successo quasi per sbaglio grazie ad un’esibizione in un liceo di Tacoma. Da quel giorno i liceali bersagliarono di richieste la radio locale, rendendo The Witch la canzone più suonata nella giornata, pur essendo programmata quasi esclusivamente dopo che i ragazzi tornavano da scuola. Mentre l’attesa genereale è spasmodica, io sono già in possesso del loro primo album, Here Are The Sonics, in uscita l’anno prossimo. Il loro esordio è un concentrato di radici, spugne abrasive, motociclette che rombano nei garage e canzoni per ragazze vestite di pelle nera e lucida. E le canzoni natalizie sono ben due!
Inciso alla vecchia maniera utilizzando un registratore a due piste (!) e con amplificatori portati alle estreme conseguenze, Here Are The Sonics infonde nelle ritmiche energetiche della batteria e della chitarra, sapori blues e inaspettate ruvidezze pop, unendo la lezione dell’uso classico del pianoforte nel rock ad una innovativa e muscolare visione dei fiati, nella fattispecie del sax. Non saranno il massimo dell’originalità, soprattutto in pezzi al limite del plagio come le inarrestabili Do You Love Me, Roll Over Beethoven, Keep A Knockin’, Good Golly Miss Molly e Walkin’ The Dog, ma sono irresistibili: una volta sulla pista Have Love Will Travel, Strychnine e Psycho vi faranno ballare e sudare fino allo sfinimento. E se riuscite a beccarli dal vivo prima che diventino famosi, non lasciatevi scappare un loro devastante inedito, Louie Louie.