29.7.04

Meglio di un gita in fabbrica

Titoli di testa.
I Baustelle. Lui. Lei. L’altro. E poi Loro, il bassista hare hare che entra in scena scalzo con il suo camicione bianco, il secondo chitarrista che azzarda pantaloni di velluto ornato con sandali e un viso tarantiniano per essere del gruppo e il batterista che non vuole dare nell’occhio.

Preambolo
I Filofobia non si chiamano così per il disco degli Arab Strap. Me ne accorgo con rammarico alla prima nota. I Filofobia mi sono sembrati inquietanti. Alla prima canzone sembravano un pezzo dei Mogwai cantato dai Verdena, alla seconda i Sigur Rós cantati dagli Afterhours, alla terza i Calexico che musicano l’Equipe 84. Poi, dopo una cover di Astronomy Domine, la deriva verso suoni dalle personalità altrui prende pieghe che non mi sento più di seguire. Bevo invece la mia prima birra.

Preambolo del preambolo
L’altro è sul palco prima del concerto a verificare la postazione. Escono fuori dei suoni mai sentiti, potrebbero essere le “parti preparate” del concerto. Ma hanno intenzione di stravolgere le canzoni o sta soltando provando la tastierina nuova? (a posteriori è la seconda che ho detto). Secondo me l’altro è quello a cui si deve la loro musica.

Prologo
Nel pomeriggio precedente sono andato all’inferno. Milleottocentogradi sono nella fornace dove fonde l’alluminio. Quando esci dalla fonderia i quaranta gradi della provincia torinese si stendono freschi sulle guance. Dicono che la fonderia sia un posto per veri uomini. I veri uomini non devono dimostrare di esserlo in ogni cosa che fanno, soprattutto in musica. Per questo il venerdì fonderia* e Baustelle.
*delio, benty e gecco non provino a citare la puntata dei Simpson con la fonderia e i C&C Music Factory di Everybody Dance Now.

Svolgimento
Intro strumentale, poi entra lui. La moda del lento. Stona come mi avevano detto, anche se chi li aveva visti tempo fa dice che è migliorato, anche se urlo tutti i testi al punto che poco mi importa di quello che fa lui. Lei è bellissima, anche se quando ho *dovuto* descriverla ai miei coinquilini sono stato molto più esplicito. Portami fuori a cena sono le sue prime parole. Lei è figura intera, e che figura intera. Ormai (sì vabbè, solo al primo verso cantato) ridotto a cagnolino, vengo fatto oggetto di richieste fotografiche innominabili da parte degli astanti. [Flashfwd: Quando si è accovacciata per prendere dalla ragazza della prima fila la sigaretta scenica di Reclame sono stato il solito gentiluomo. In compenso ho una collezione che per varianti supera quelle di Barbie: Rachele-triste, Rachele-sudata, Rachele-birra e Rachele-maracas]. Questa è la canzone della televisione, ma al programma dell’acquapark di All Music sono andati per la canzone della televisione più recente; a tal proposito nel dopoconcerto Enzo mi ha raccontato dei Reconvenienti a TRL, col presentatore che per prepararsi l’intervista si è scaricato soltanto il loro disco di remix.
I pezzi della Moda poi cominciano a intrecciarsi col Sussidiario. Il set è volutamente andante e danzante. Thinkpink. Purtroppo mancano le canzoni sdraiate, quelle in cui lei farebbe strame di me come Madamoiselle Boyfriend o Cinecittà. O come, soprattutto, La Canzone del Parco, il loro unico pezzo in cui si mettono da parte iperlinguismi, ironie e quel sottile dubbio che siamo fatti di arcopal. Mi rassegno anche perché lei mi canta “Si dice in giro che sei solo un bastardo, lo sai? Dormi nei letti di tutti, dormendo mai. Io non ci credo, dimmelo chi sei, che vuoi?” e io non devo nemmeno rispondere. Fa poi la straniera in Reclame. Ecco, dal vivo lei potrebbe mascherare le stonature di lui coi controcanti. Chiude una ipercinetica Canzone del Riformatorio. I pochi capitati lì per caso accanto a me ammirano un po’ preoccupati e un po’ stupiti la conoscenza dei testi. Per il bis, l’irresistibile accoppiata Gomma/’83 chiude un mio ciclo, anche se il finale arriva un giorno dopo i titoli di coda.

Epilogo
Vado a giocare col calciobalilla con Enzo, Angelica e Deni. Poi spuntano delle danzatrici del ventre, mi giro per scattare loro una foto e poi torno subito a giocare.


E by sweet popular demand le foto amiche del 56k.
I Baustelle.
Lui.
Lei.
L’altro.
Loro.
E che figura intera.

Paroles, paroles

oh-oh oh-oh, oh-oh oh-oh
Le vacanze dal 2003 sembravano sintetiche. L’altro giorno ho rivisto Fred Bongusto in televisione.

dietro lenti scure riderai
Se cercare algiornodoggi una maglietta è un problema, figuriamoci cercare un paio di occhiali da sole.

meglio di una gita al mare la domenica
Una sola volta ho ceduto al rito della gita al mare la domenica dalla città del nord ad una località ligure, che nel nome avesse qualcosa di definitivo. Lo stabilimento balneare scelto era quasi deserto. A qualcuno di noi si è arrossata la schiena.

mi porterà al cinema
Odio questa. Forse è l’unica che non sopporto. I biglietti omaggio dell’Esselunga per il cinema scadono comunque a Ottobre.

superficiali ricreative pietà
Superficiali a volte è superlativo di artificiali. Quello che fa pietà spesso viene ammirato.

Il parco sorride
Condizione necessaria e sufficiente affinché. Parlo come un ingegnere quando voglio alleggerire la tensione o quando noto troppa bellezza intorno a me.

l'istituto ci fa bene
Questa forse la capite anche se non la spiego.

è la vita, è che siamo stelle, è che siamo miseri
Ecco. Ecco mi metto in posa. Ecco come sono ridicolo.

la canzonetta triste te la farò sentire/gira sul giradischi dentro l'appartamento
Con gesto consumato prende la mano e la cinge a sé. Sul crescendo, il bacio.

voglio essere gainsbourg
Assomigli a molti aggettivi, ma quello che tu sei è quello che non sono io. E per questo ti vorrei.

versi senza forza
Privi di moduli, su direzioni.

una gioventurlano
Io la canto sempre attaccata. Anzi, laurlocosì.

Vi raccontavo di me/Non c’era da stare allegri
Non ne sono sicuro, lui sembra non essere mai preso da quello che dice.

Ti ricordi noi/Il giorno in cui dicesti/Che
Sto cercando di ricordare sempre meno, anche se mi è innaturale.

Solo perché sei fatta/Ed hai vent’anni
Poche ventenni però qui. O sono anche loro ventenni che cercano di diventare trentenni.

Di samba/Riguardanti a felicidade
Un bel giorno in una supermegaazienda del settore dell’auto chiesero a un gruppo di superesperti se il futuro fosse in Brasile o fosse in Cina. Chissà cosa gli era successo il giorno prima, ma dissero Brasile.

Smile
You’re on candid camera.

Elisa
L’ossessione per i nomi di donna. Martina, Virginia, dimmi come ti chiami, Marieke, Juliette, Brigitte, Jackie & Marylin. E poi Elisa. Dicono gli psicologi che per suscitare attenzione in un dialogo a due l’uso del vocativo è fondamentale. In un soliloquio è puro vezzo.

Un po’ d’estate in fondo c’è
Se non altro per il caldo. Anche se non è più l’estate dei tre mesi. Anche se non è più l’estate dei due mesi più uno. Anche se non è ancora Agosto. Splash.

Cerca uno psicologo
Conosco uno psicologo ma lui non può chiedermi niente e viceversa.

S’il vous plait
Baciatemi e scordatemi
Scrivetemi una lettera
E mollatemi

Epi-grafica.

E poi
Cosa scriveranno domani? La giovinezza, il non-vissuto, e poi?

Non eri stanca, eri stanca di me
Dio benedica le sfumature del genitivo. Quand’anche ricordino Fatto di te del figlio sfigato di Modugno.

Baustelle

Che significa anche lavori in corso (ovvero, ora non sono in grado di pubblicare la giornata coi post in parte scritti*, nelle prossime ventiquattrore potrei non avere il tempo di completarli**, nella prossima settimana non avrò la connessione per pubblicarli***, nel prossimo mese potrei trovare anacronistico farlo****).

* non sono i postumi della festa di laurea del mio brotha (vi risparmio foto con il mio nuovo nontaglio di capelli da niuiorcher anni settanta), ma domani devo svegliarmi presto.
** mi appronto all’ennesimo trasloco e non ostante (che pheego scriverlo separato) abbia già conciato per le feste stereo e discaglia varia devo sistemare ancora qualcosa.
*** a Bari non ho nemmeno il telefono in casa, ergo per comunicazioni urgenti mandatemi una mail entro domani notte (a cui non risponderò ma di cui prenderò conoscenza), affidatevi a piccioni viaggiatori o concedetevi carnalmente in cambio del mio recapito semovente ai fortunati possidenti del suddetto.
**** sapete che tutto questo non è vero.

Visions of you or pictures on tabloids

Le tre cose più punk-funk che mi sono capitate nel weekend:
Venerdì: Il calciobalilla in un dopo concerto.
Sabato: Non ricordo quattro ore della mia vita. Per la prima volta nella mia esistenza la realtà non si è attaccata ai miei capelli.
Domenica: Ho ventisette anni, ho vomitato nel sonno e non sono morto come una grande rockstar. Sono insomma pronto per le vostre copertine.

Oggi

Questo è FFWD e noi siamo qui per il rock’n’roll.

Scegliete la canzonetta triste di quel giorno

(Afternoon) Soaps - Arab Strap
o
La Canzone Del Parco - Baustelle

23.7.04

Il magico mondo del bello dell’indiretta: Falling Man

Così come per il Chicobum Festival e per lo Spaziale, anche il Baraonda Summer Fest di Chieri ha ricevuto una mia singola visita, la settimana scorsa per il concerto di Blonde Redhead e Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo. Accompagnato dalla mia consueta guida mi sono inerpicato nella provincia torinese per raggiungere un campo sportivo che sarà riempito da Caparezza e Tiziano Ferro, ma che per l’occasione è stato ricoperto fino al limite dell’area di rigore.
Quando arriviamo Gatto Ciliegia combatte già contro il grande freddo. Meno inclini al frammento e più “constellati” che in passato, appoggiano su trame di percussioni dal retrogusto voodoo intrecci di chitarre mai scomposti. Il chitarrista tiene al collo un pass, suscitando uno strano effetto da gruppo preserale del concertone del primo maggio. Il pezzo che canta con voce volutamente sgraziata non può che rimandare alle imprese di Efrim dei Silvermountquaccheccosa. Tira fuori anche una chitarra assurda, un contorno di plastica che circonda il vuoto intorno alle corde e al loro punto di partenza. Supera così la chitarra trasparente di Stu Murdoch che già faceva concorrenza alle chitarre opalescenti summisura di Pino Daniele. Poi, mentre la musica di Un Anno D’Amore la scorta, Robertina sale sul palco: i suoi sandali francescani stonano sull’aspetto da cantante da pianobar (abito lungo, effetto riuscitissimo). Il pubblico canta e io mi concentro sui suoi piedi e lei subito dopo il momento in cui menziona tutti quanti i tuoi baci solleva contemporaneamente i due alluci. Enzo mi prende per un pervertito, anche se avrebbe avuto più ragione dopo, quando mi sono accorto delle pantofole da settantenne di uno dei gatti. Comunque ha ragione, oggi a mensa ho fatto una magra figura: credo di aver fissato per ventiquattro minuti i piedi dalle unghia smaltate della segretaria dell’amministratore delegato della supermegaazienda che per ora bazzico. Ha capelli rossi corti sparati in aria e secondo me ascolta musica bellissima. Ora che ci penso oggi avevo la maglietta dei Gatto Ciliegia ed è strano perché il “contro il grande freddo” con quaranta gradi all’ombra è molto ironico, attira gli sguardi. Secondo me pensano tutti che sia una trovata di qualche marca affermata di vestiario. Poi Robertina è uscita dal palco mentre la musica scorreva verso la fine. Il bassista si è ammazzato una zanzara sul braccio. Hanno chiuso col tema principale della sonorizzazione di Dans Le Nuit, già gustato dal vivo in precedenza.
I Blonde Redhead avevano fatto un disco che non avevo avuto il coraggio di prendere con parole dirette, tanto mi si era sedimentato addosso. Grande curiosità avevo intorno a come avrebbero potuto renderlo dal vivo, a come lo avrebbero legato coi pezzi del passato in particolare. Anche perché per il festival delle occasioni perse a Milano non avevo nemmeno provato a vedere se trovavo un biglietto per la data al Teatro Studio. Privi di archi partono subito con Doll Is Mine: sovraincisioni? L’impressione è quella, ma ad un ascolto attento giocano un ruolo maggiore gli effetti sulla batteria, circondata da riverberi e a tratti manipolata fino a sembrare una Roland. Enzo si chiede se sia la svolta trip-hop dei Blonde Redhead e l’intro del secondo pezzo mi fa quasi pensare ai Moloko, anche se il fantasma passa presto il muro e scompare.
Una Falling Man da pelle d’oca (“And never look through me cause I’ll keep close to myself”) forse anche più che su disco precede Misery Is A Butterfly, un brivido malinconico di rara perfezione, se non fosse stato che ho cominciato a sdilinquirmi per Kazu , al punto che quando è terminata la canzone, convinto che mi avesse fissato per tutto il tempo, le ho urlato il suo nome. Credo anche di aver detto "è la mia spice girl preferita" attirandomi gli sguardi disgustati di una coppia imborghesitasi accanto a me. Energica con la chitarra (con particolare di microfono retrò adagiato su amp) ed erotica davanti al piano (in Misery con movenze degne della più invasata Tori Amos). Durante la prima canzone la mia macchina fotografica digitale ha dato il segnale di batterie scariche e pur di continuare a fotografarla continuavo a cambiare posizione alle batterie, come fanno i bambini con le macchine radiocomandate o come fanno gli adolescenti con i radioloni per il mare.All’intensità satura delle nuove canzoni si sono comunque ben legate le vecchie, per nulla intaccate nella loro ruvidezza ed elettricità. Bellissima In Particular. Amedeo ha trovato il tempo di scherzare col pubblico in inglese (che snob, abbiamo pensato) e in italiano (eh, comm’è ammaro stu pane) sul fatto che il pubblico sentisse più la voce di Kazu che la sua. Professionisti, ma molto coinvolti. Ah, e Kazu all’inizio si è toccata il tallone prima di indossare lo stivaletto. Pink love, pink love, pink looooove.

Il magico mondo della pubblicità in radio /1: La vita è adesso

Due sono le radio torinesi che più spesso ascolto nei miei spostamenti in auto. In una di queste spesso si ascolta l’annuncio pubblicitario di una impresa di pompe funebri no-profit. La prima volta che l’ho sentito sono scoppiato a ridere. I miei compagni di auto mi fissavano allibiti. Non riuscivo più a smettere. Poi ho spiegato. Hanno scelto come sottofondo per la descrizione dei loro servizi How Soon Is Now? degli Smiths.


Il magico mondo della pubblicità in radio /2: Na-na, Nanna, Na-naaa (o dell’inside giochin)

Delle discussioni spericolate di quei giorni parlerò forse solo nel libro che un giorno scriverò, Il carino è il mio nemico. Si sceglievano aggettivi per stazioni radio rassicuranti e ci si interrogava sul perché Erlend Oye piaceva alle donne. L’altro giorno poi sulla radio rassicurante è passata la pubblicità del nuovo disco dei Kings Of Convenience (vi ho detto che mentre cercavo una maglietta antieroica in un negozio passavano Misread ad un volume così alto che la pessima equalizzazione slabbrava i bassi e la rendeva quasi una canzone disco buona da ballare alla serata del venerdì del The Beach?). L’inside joking è quella tattica pubblicitaria per cui ti gratifico con un occhiolino che sei certo di capire solo tu. E questa è stata la scelta per lo slogan di Riot On An Empty Street, anche se si è scelto di pubblicizzare il nuovo con un gioco di parole sul vecchio: “Il successo dell’estate non fa rumore!”. I miei colleghi mi hanno chiesto com’erano le altre canzoni oltre al singolo e io ho risposto che alcune non erano male. Per esempio, e metto il cd nel lettore, questa. Niente però usciva dagli altoparlanti nonostante avessi selezionato la traccia otto. Alessandro allora chiosava con un efficace “è proprio vero che non fa rumore”.




Il magico mondo della pubblicità ai concerti: INtervalli INtegrali

Ma cos’è questa nuova abitudine che si sta diffondendo in giro? Nell’attesa del concerto degli Xiu Xiu a Bari, un improvvisato selector aveva proposto l’ascolto integrale del disco dei Blonde Redhead. A Chieri, nell’intervallo tra i Gatto Ciliegia e i Blonde Redhead hanno passato per intero il disco di Morrissey in un campo sportivo (la sua voce mi stona su quelle musiche). Ma cosa suoneranno ad un concerto di Morrissey? 



Il magico mondo della pubblicità giornalara: Losing a battle, Winning the war

Leggete il primo numero di Losing Today, anche giusto per farvi un’idea. A me è sembrato elegante, pieno di belle fotografie e con tanti nomi apprezzati sulle sue pagine. Di contro è bimestrale e l’odore delle sue pagine infastidisce uno dei miei coinquilini. E si poteva sforbiciare un po’ lo speciale Homesleep in favore di due o tre pagine di foto di Kazu Makino o di Kristin Valtysdottir.


Il magico mondo delle coincidenze: Weak End

Il caso ha voluto (non mi piace chiamarlo destino). Il caso ha voluto che andassi a Palermo il 27 invece che il 23, per laurea in psicologia di mio fratello. Il caso ha voluto che vedrò il concerto dei Baustelle allo Spazio 211. I Baustelle hanno rappresentato per me un ciclo, Milano in particolare. Lì vedrò dal vivo per chiuderlo, prima del grande esodo, prima del primo degli addii temporanei a Torino. Alla nostra grazia nello scrivere.


Il magico mondo del tempo che manca

Max: Ho la sensazione di trascurare tutto ciò che mi sta accanto.
Tutto ciò che mi sta accanto: Allora lo vedi che è una cosa reciproca.

Oggi

E dentro le strade del mondo c’è un uomo che va (There’s No Fucking Magic, Baby! remix).


La canzone del giorno

Driving With My Gears In Reverse - Two Lone Swordsmen


12.7.04

Traffic Festival Pt 3: Torino, Lift Up Your Weary Motherfuckin’ Head

Credo che sarei capace di raccontarvi solo il prima o il dopo. Del durante ho ricordi nitidi, certo, ma per quanto mi ostini a pensare che quell’ora sia stata per me speciale, forse da una volta nella vita, alla fine la racconterei in maniera simile agli altri. Urlavamo tutti “Now I wanna be your dog”, è questo il bello del rock, no? E allora leggetevi la se-bastian contraria, il grande conterraneo da riverire in eterno perché quando parte Strychnine dei Sonics la canta a squarciagola e per molto altro, te piasciono ‘ste olive so’ greche, l’atrocesecco now dottore in ‘sti cazzi (cit.) e l’altro blogger sborone.
 


Traffic Festival Special: (contiene Pulsatilla Celebration)

- A cosa pensi?
- Mi passavano davanti le immagini di queste giornate.


Se è passato un po’ di tempo prima che scrivessi dell’ultima giornata del festival è colpa della vitareale. È colpa di un tizio che per due giorni ha tenuto lezioni pesantissime di otto ore su analisi vibrazionali, acustiche e termografiche, inconscio di essere un incrocio tra il mio compagno di banco della scuola media in versione brizzolata e Jarvis Cocker dei Pulp non effeminato vestito di verde come un leghista senza esserlo. È stata colpa anche del concerto dei Blonde Redhead che mi aspettavo giovedì invece che mercoledì, così come quello di Girls In Hawaii sabato al posto di venerdì: la strana sensazione di aver vissuto un giorno in più degli altri, o un giorno che ne valesse due, o giù di lì.
Se ripenso poi al concerto dei Blonde Redhead, di cui poi vi parlerò, mi viene in mente anche che scrivere di quelle immagini ora è simile alla “distorsione di malinconie” che i BR hanno applicato dal vivo ai pezzi del loro ultimo disco. Non vi parlerò allora dell’apparizione ciclica della maglia rosa nero del Palermo, di litigi sulla musica e del sorriso ebete che ti lascia una giornata rock’n’roll. Una cosa però devo fare. Voglio ringraziare heroin perché domenica pomeriggio mi ha cantato, sotto il comune effetto di gnocchi al ragù allucinogeni, una versione bellissima di Dancing Queen.

You can dance, you can jive
Having the time of your life
(uh-u-uh)
See that girl, watch that scene
Dig in the Dancing Queen



Traffic Festival Pt np: Il ragazzo che non c’era

Non so se tecnicamente si possa parlare di occasioni perse per tutte le cose che ho mancato. Mi sarei divertito a sentire Labranca e Nove, ma nel primo caso confliggevano orari di lavoro e orari dei treni e nel secondo si era già al parco per l’Iguana. Avrei voluto dare un’occhiata ai dj set dei Murazzi, ma forse non mi attiravano così tanto. Mi sono pentito di non aver rischiato la vita per sentire sia !!! che gli Stooges e non recrimino per la scelta inconsulta di tenerli a distanza: forse  non avrebbe poi avuto molto senso averli sullo stesso palco, non tanto per i due gruppi, quanto per gran parte del pubblico lì presente.

Traffic Festival: I non protagonisti

La riccia bionda ragazza tintinnante. Mi ha detto solo grazie per il posto. Mi sbirciava mentre smanettavo con la macchina fotografica per fare foto in bianco e nero, per escludere il flash, per coprire la spia rossa. Prima che i due protagonisti si incontrassero e prima che mi abbandonassi totalmente al fascino della banalità nobilitata dal cinema. Dopo che si è accesa la luce e dopo gli applausi è corsa via dal cinema, da sola.
 
La ragazza, i sandali, la pioggia, il parco. Uno dei miei coinquilini solleva il dito e accenna un sorriso. Lei risponde “Non dire niente”. Ancor’oggi discutevamo se il suo tono fosse scherzoso o minaccioso.
 
Il cameriere foggiano. Il cameriere foggiano della pizzeria dietro casa ha l’aspetto di uno di quei lottatori della wrestling che non diventerà mai campione, ma di cui tutti conoscono la storia. Porta strani intrugli di aperol e vino bianco millantandoli come aperitivi e riceve in cambio tutta la nostra confusione.
- Buon appetito, ci dice.
- Altrettanto, rispondiamo.

La donna che decise di salutare tutti gli abitanti di Torino, uno per uno. Spalle al palco, ne conosce di tutti i tipi. Alti e dai capelli lunghi, antipatiche da incontrare domani ad una festa. Insospettabilmente non ha un pass per la zona proibita, dove invece una bambina zompetta incurante delle pose di tutti.

La donna del negozio “divertirsi con la scienza”. È una hippie, ha dei capelli un po’ gialli e un po’ arancioni, mica come quelle coi capelli un po’ biondi e un po’ rossi. Da piccola aveva un monociclo, ma non cadeva. Moti perpetui a base di gravità, ciarpame orientale, giocattoli. Se non cominci, non imparerai mai, dice. Vedo tutti i miei difetti, uno dietro l’altro, quando le viene chiesto come imparare a fare le figure con gli yo-yo: io suggerisco la ricerca di pdf su internet, lei tira fuori un libretto con dei disegni in bianco e nero. Ci chiede particolari logistici sul concerto degli Stooges e ci saluta dicendo che forse ci si vedrà dopo lì. Il pubblico di Via Po, indi, assiste sbigottito al passaggio un tizio, una tizia, uno yo-yo e un delfino.

Le venditrici di orecchini. A Torino la gestione di un negozio dark-metal con annessa appendice street-style e skate-fashion è la stessa di un negozio chiamato “Solo rosa” o giù di lì. In via Po invece una ragazza vende in un banchetto orecchini da lei prodotti. Passata la forca caudina (avevo sempre sognato di dire forca caudina e non forche caudine) dell’è meglio il paio a triangolo retto o quello col semicerchio al posto dell’ipotenusa, fantastico di come lei forgi metalli distrattamente davanti alla tv. Sarà rumoroso farlo?

L’uomo dell’anno (cfr post con le foto). Per dieci minuti tiene in sospensione sulla mia crapa un bottiglione contenente perlomeno due litri di birra. Non credo emetta vere e proprie parole, comunica con pacche sulle braccia e indicazioni per l’atterraggio di astronavi rock. Asseconda inspiegabilmente persino il tragicomico gruppo spalla. Rolla sigarette che non saprei dire se di droga e le passa nell’ordine ad un brizzolato che si è presentato lì in tenuta da visione del programma di Papi in villetta di campagna rustica, ad alcuni del nostro gruppo, ai giovani dai capelli lunghi che in seguito cercheranno la rissa un po’ con tutti. Leggende strane lo descrivono come un parente lontano di Belushi, caduto da piccolo in un pentolone di Raw Power. Scompare misteriosamente all’arrivo di Iggy Pop, ma non provate nemmeno a pensare a lui come ad una sorta di Clark Kent.

Le pogatrici. Ho sempre avuto grande rispetto per le pogatrici, anche perché di solito non rispettano gli stereotipi del genere, dell’AC, la cosidetta Alternatività Codificata. E allora qui il mio saluto e il omaggio va a cinque ragazze in particolare: alla ragazza bassina dai capelli corti che ha resistito fino alla fine sotto al palco, urlando come un’ossessa i testi delle canzoni dell’Iguana; alla ragazza che non ha distrutto i suoi occhiali e che mi ha scelto come bersaglio per circa due minuti consecutivi prima dei bis; alla ragazza che assomigliava a Fio; alle due ragazze abbigliate come dipendenti di un ufficio di certificazione qualità in libera uscita dallo sguardo spaurito che si sono buttate in mezzo per vedere com’era lì.

I tre ubriachi davanti alla grigliata e la spilungona torinese. Va bene resistere ai colpi di una massa contundente col solo conforto di qualche sorso di birra e raw power. Va bene un panino con salsiccia, quando si azzannerebbe un porchetto intero. Va bene tutto. Ma poi davanti alla griglia mi capitano tre ubriachi, uno che si finge ricevitore di accrediti per panini, uno che attacca un interminabile pippone su quanto sono simpatico, sullo sport e sul Palermo e sul Torino (e sulla Juve) e uno che sta lì solo per ridere. All’arrivo di una quarantenne platinata appena più alta del consueto hanno cominciato con lei una dissertazione sul gioco del basket e della pallavolo. Meno male che poi ho preso il panino.

Chiara. Mi manda un messaggio di condoglianze per la maglietta persa degli ziu ziu e la richiamo nonostante il ronzio di fondo del mio apparato auricolare e il casino circostante. Si parla di !!! e di altro e poi la faccio salutare da Benty che aveva problemi auditivi anche superiori ai miei. Credo che ci abbia preso per due ubriachi, ma io ero sobrio (Benty, prrrr).

La mia vicina di casa. La mia vicina di casa residence ha ottant’anni, è sofferente e vive con la figlia sessantenne, dalla faccia gommosa e dai capelli nero china. Sabato notte alle quattro e mezza dall’appartamento accanto al suo arrivavano musica e deliri vari ad opera di tre molesti blogger e di un blogcugino. Lunedì ha litigato pesantemente con la figlia, vietandole di sposare il suo nuovo fidanzato.


Traffic Festival Pt. 2: Festa di paese

La seconda serata del Traffic Festival, organizzata da Vinicio Capossela, è stata Chi tiene polvere…spara! e se non fosse stato per Pulsatilla l’avrei sicuramente saltata, alla faccia del completismo citato nel post qui sotto. Accolti da luminarie che nemmeno alla festa del S.mo Patrono di Partinico o Bisaquino, ci intrufoliamo contro le ringhiere alla destra del palco.
Capossela, insospettabilmente sobrio, duetta con un anziano che guadagna con difficoltà l’uscita dal palco. Da solo Vinnie The Kid (see Creole & The Coconuts) rallenta tutto e si propone come uomo di balera, invitando il pubblico (trentatreenni antipatici in media, contro i diciottenni del giorno prima) a stringersi alla maniera di un Fred Bongusto, pieno di sé però. Gli occhi gli brillano quando introduce sul palco un inquietante misto di redneck, Gipsy Kings, Castellina Pasi, però ubriachi. In un repertorio a metà tra Buona Domenica e la serata danzante della festa del paese riescono anche a infilare una cover di Marina in spagnolo e una dei Beatles. I trentenni, in preda ormai alla sindrome del centro anziani, ballano polke, mazurke e tarante, chi coi bicchieri di birra in mano, chi sollevando il catetere in un gesto di amicizia fraterna. Capossela felice come un bambino se ne sta al lato del palco dove i tizi che suonano con lui abbracciano giovani piacenti donne. Divertito, si scorda di mandare via l’orchestra del liscio del New Mexico, tanto che a un certo punto ci pensa uno dell’organizzazione che flemmaticamente commenta dal microfono “Bisognava abbaterli per farli smettere”. Mentre arriva Shane Mac Gowan e i trentenni decidono che sotto queste stelle è il momento giusto per regalare un figlio alla patria, noi ce ne andiamo a parlare di massimi sistemi, calcio e miominipony. Pare che verso l’una e mezza le forze dell’ordine abbiano sfumato la musica perché non volevano smettere di suonare.

Traffic Festival Pt. 1: Meteo Sat

La prima serata del Traffic Festival, organizzata dai Subsonica, è stata Cieli su Torino (e a lui dico che anch’io ho il mio festival). Ancora lontani i propositi violenti di Valeria (andare ai Murazzi e picchiare a sangue Samuel) e Stefano (profanarne i resti con liquidi organici), sfidavo coi miei amici e colleghi le intemperie con la foga del completista, o meglio, con la sola reale intenzione di portare a Samuel i saluti e complimenti estetici di Antonella, visto che ai concerti mi capita di incrociare solo il pingue Casacci.
La pioggia del pomeriggio e della prima serata è scomparsa magicamente al nostro arrivo, fornendo solo spunti metereologici per le scalette (soprattutto quella dei Subsonica che non hanno approfittato solo delle nuvole rapide). I Linea 77, trovati sul palco al nostro arrivo, sono uno di quei gruppi che ti dicono che sei quasi un trentenne e allora se il vicino ti chiede chi sono e tu pensi che siano i L77, non lo dici per paura di sbagliare e di essere scherzato dai giovini e soprattutto dalle giovini intorno, che sanno anche i testi a memoria. I gruppi si susseguono, legati ognuno da un duetto e quindi penso che la scena torinese è molto affiatata anche se Subsonica e Linea 77 non si somigliano molto, anche se comunque c’è qualcosa come il Nu Metal che non ascolto.
Sui Subsonica ho ballicchiato, anche se la scaletta è stata così così e a momenti menzionava cirri e cumulonembi. Dopo il solito duetto, gli Africa United (cit.) hanno ricoverato War e i Persiana Jones hanno suonato allo stesso tempo Piove di Jovanotti e Stairway To Heaven. Finale tuttinsiemeappassionatamente, mentre con una birra mi avvio verso il parcheggio.

Traffic Festival Pt. 0: Gocce di cherry nel diluvio

Esterno Mole. Cartello. Perché ero convinto che avessero spostato la proiezione dal cinema Massimo (ma oui) al Museo del Cinema? Per le poltrone sdraione, ovvio. E allora cartina, Via Verdi, sollevo occhio dalla cartina. Particolare laterale della pupilla. È lì davanti. Al mio ingresso si affastellano foglietti riservati e poltrone con cappotti stranamente non fuoriposto a Luglio. Una simpatica signora mi regala una poltrona in penultima fila, estremo lato destro. Poi si alza col marito e corre verso un posto riservato, chissà se a lei. Mi accentro in maniera automatica e tengo un posto per ogni evenienza. Alla fine lo prenderà la riccia bionda ragazza tintinnante. Cerimonie. Presentazioni. Flash.
I Gatto Ciliegia vs il Grande Freddo. accelerano le poche gocce che cadono su Torino. Il film è in bianco e nero. Il film è vecchio. Il film è muto. Rumori di miniera, ommaigod, non è che sta per arrivare il clone francese di Eizenstein? E invece no, e invece no. Montaggio incrociato: l’operaio termina il turno, si addobba per una festa; una sposa aspetta al banchetto mentre suona la fisarmonica e la gente balla già. Andante incrociato: corre l’operaio, bagordano gli invitati. Poi l’incontro, mentre scorre il tema principale del film. Finalmente vicini e avvolti da una bossa gentile.
E si corre. Si corre tutti insieme su una carrozza, col sorriso stampato in faccia della velocità e di qualche bicchiere di troppo. Sulle giostre rotanti lei per un attimo viene percorsa da un sentimento cupo, come se tutto questo stesse per finire, per velocità centrifuga. L’ebbrezza ventosa però ritorna, come se il capogiro fosse solo un pensiero sbagliato, un segnale inesistente.
Nella notte mostri mascherati attentano all’idillio. Tensione sonora circola per la sala, come presagio. Succederà qualcosa, non ora, non qui. Esterno giorno. I bambini sono gli esseri più cattivi del mondo. Boom. Sassi. Bende. Ferite cicatrizzano e sfigurano. Bacio. Maschera di ferro. Tradimento. La maschera e il doppio. Morte. Incubo. Risveglio. Tema iniziale. Luce in sala. Applausi.

Anteprima

Questo è un post a tempo che presto sarà rimpiazzato da parole spezzate, sudate, rock’n’roll.

Sua Maestà Il Delfino
Bandiera
Sporchi Americani
L’uomo dell’anno
Il nostro bastardo
Il pogo e la digitale
Ritratto
Iggysex 1
Iggysex2
Contegno
Delirio sul palco

e soprattutto il mio capolavoro:

Il Culto dell’Iguana

Oggi

Raw power!

La canzone del giorno

Kick Out The Jams - MC5

9.7.04

Chico’s groove*

L’immagine iniziale della serata di martedì scorso è così anni sessanta: vitelloni in auto in Piazza Rivoli molestano due turiste nordiche che rispondono di conoscere bene noi italiani. E ridi. Quanto viene dal passato questa sera non è rimpianto o nostalgia, mi fa divertire, ballare, sorridere. Compreso lo stand di magliette heavy-metal del Chicobum, che in spagnolo significa qualcosa come “festival dal programma senza capo né coda”, mi hanno detto. Ed è curioso che i due eventi più modaioli del mio periodo milanese (concerto dei Rapture, a cui non presenziai, e concerto di Belle & Sebastian) siano qui riuniti a smussarsi vicendevolmente, coi Rapture giovani bookworms di quelli che ascoltano la musica de la discoteca senza poi andarci™ e i Sebastiani lontani dalle loro nebbie e dalle loro solitudini. Niente pienone e l’inizio a orario poco torinese mi garantisce anche una comoda posizione in prima fila centrale. Aeroplani sorvolano il luogo dando spunti per gli intermezzi tra canzoni, insospettabilmente rari per i B&S.
Iniziano i Rapture, col bassista che entra in scena con una sedia di plastica da terrazza legata alla schiena con il nastro per lavori in corso. Dirà poi di aver litigato coi Belle And Sebastian e di averne subito le conseguenze. Rapture nerd, B&S bulli. Ah, mi tolgo subito di mezzo la citazione del campanaccio. Dal vero nemmeno sembra che tante copertine e homepage siano state a loro dedicate, ragazzini con voglia di scherzare e pochi atteggiamenti. Preferisco quando aggiungono batterie elettroniche e synth, planet(punk)funk, anche se i torinesi non ballano tranne il tizio che si dimena su There’s too much love dei B&S come se stesse mettendo i dischi Coccoluto. Quando vanno via, viene ironicamente passata in sottofondo You Can Ring My Bell.
Dopo, i Belle And Sebastian sono una conferma. Passata l’emozione della prima volta, apprezzo la sicurezza delle proprie capacità. La scaletta è meno ordinata che a Milano, pochi i pezzi introversi, ma c’è spazio anche per quello che lì mancava, compresa una I’m A Cuckoo ornata di wah wah. Ridotti al minimo gli intermezzi verbosi, Torino industriale, school’s out?, chetempofa. Sarei meno sinistro se avessi il mio ministro. Stu è vestito da legal man. Sarah avrà anche ogni tanto lo sguardo bovino ed è stata tormentata dalle zanzare, ma all’improvviso ha tirato fuori un campanaccio, diventando la quinta (o la settima) dei Rapture ad honorem. Per i bis si accettano richieste (ovviamente non la mia di Electronic Renaissance) prima del solito momento siamo tutti un po’ U2, in cui Stu chiama sul palco una ragazza - qui Chiara al posto della milanese Paola. Canto Sister Saviour sull’intro di una delle ultime (There’s Too Much Love?) e assaporo la fine dormendo l’orologio intorno.

*dove si resiste a fare giochi di parole su Bell e Belle e alla tentazione di intrecciare le parole del secondo e del terzo paragrafo.

MTBF (Mean Time Between Failure)

Le prime due puntate relative al Traffic Festival sono momentaneamente rimandate. Ci scusiamo con l’utenza per i disagi provocati.

Cara Cameriera Catastrofe

Hanno perso il sacco della mia biancheria da lavare al residence. Come se non bastasse il fastidio di dover andare in giro a comprare mutande, ho dovuto compilare una lista particolareggiata degli indumenti per l’eventuale recupero o per il più probabile rimborso. Tra questi c’è la maglietta Xiu Mutha Fuckin’ Xiu, definita da me laconicamente una maglietta azzurra con una scritta in inglese.

Oggi

Montaggio e opposti (no, no-no, no more mosquitos)

La canzone del giorno

I’d Rather Dance With You - Kings of Convenience

1.7.04

Il segreto dei conigli ufo*

E poi all’improvviso qualcuno arriva, prende il telecomando e mette retequattro. Il regista di solito ti conduce verso la commozione, ma in medias res spesso il confine col ridicolo è sottile. L’unico modo di chiudere è smettere, non certo annunciare addii e allora per esorcizzare il tutto per un minuto stravolgi i punti fermi, foto personali nel corpo, link nella giornaliera senza link e niente canzone del giorno. Step out from my office, baby. Un minuto che avevi raccontato due giorni prima al telefono, che avevi maturato nella settimana precedente.
Sai perché trovare 10 motivi per andare all’Hainoi Jammin’ Fest e 10 motivi per non andare? Sai perché i Rapture apriranno prima di Belle & Seb? Sai perché si limita il jerk? Torino è “della proposta e della ritrazione”, stop&go. Luglio è il mese dei festival anche qui e a meno di inghippi d’ora in avanti è ordinaria amministrazione, lezioni sonnecchianti, tanto la mancata visita di Montezemolo c’è già stata. La Polonia ritorna sinistra in foggia di Bielsko Biala.
E nel frattempo un weekend lungo a Bari te la mostra diversa. Hanno chiuso il Libero Pensatore dove non ti prendevano per pazzo se ballavi London Calling, se ti accorgevi del violoncello mentre sculettavi su This Monkey Is Gone To Heaven o se facevi la spocchia-faccia su una canzone che piace a tutti. La musica arriva da apparati di proprietà altrui, radio da spiaggia mandano tech-house, altoparlanti sonorizzano minimarket con note fintamente portoghesi secondo la moda attuale, metti una sera a cena dal djset in un ritaglio di Milano a Monopoli, prima di parlare di UK Subs e Iggy Pop in Ungheria. Il segreto dei conigli ufo diventeranno mai dark?

Basta-r&d p-hop vs LuShy InDie

In queste righe vi siete sorbiti il bastard-pop in tutte le salse. Fin dal secondo giorno (a propois, che tenerezza me quando nomino le Peaches – è plurale, no?) si è seguito con divertito interesse un fenomeno che di per sé si è prestato a tutti gli usi possibili e in-immaginabili, dalla parodia della canzone di protesta fino all’accessorio coordinato col template. Da giovane ornitorinco del bastardpop non mi sono e-sim-to dal produrre, insieme a validi, pinktronici e domenicali compari più bravi di me, sgangherati miscugli di infimo livello sonoro che mi sono valsi anche un indieblog award. Il b-pop è stato coccolato (da Beck ai Flaming Lips passando per Syria), istituzionalizzato (i migliori della scena lavorano per MTV) e serializzato (si sprecano i quotidiani mix di due dischi interi, canzone per canzone). Il bastard pop è (o era?) un po’ come il pongo.
E arriviamo così a Loser: Re-Login - re{boot}leg music, quarto capitolo del progetto Loser, My Religion, musica inedita liberamente scaricabile in rete, per dirla in due parole. Il bastard-pop applicato al catalogo LMR. Sono stati chiamati nomi importanti della scena mondiale (Dsico, Daz Automatic, Jools MF e MixMaster) e alcuni italiani electronici e non (Dj DeNeo, Pinktronix, Mouse & The Sequencers e Giardini di Mirò). Manca uno dei miei preferiti Mc Sleazy, ma la curiosità era tanta: chissà se i b-dj avranno scelto i pezzi o avranno ricevuto direttamente i campioni, chissà come gli stranieri tratteranno le parti cantate, cosa prenderanno e per quale motivo.
Il risultato è alterno dal punto di vista musicale e in una compilation questo ci può anche stare. Per una Sole Al Porto di Daz Automatic, una specie di mojito di Almamegretta, c’è fortunatamente la house profonda di Pinktronix che inclina l’asse dei Perturbazione, trattando la voce in frammenti alla maniera di Poj Masta. Per una Modulations dei Subsonica di Dsico, che quando asseconda la generazione automatica del suo finto sintetizzatore combina quasi solo danni, c’è un’accoppiata di tappeti indiani da ballo, fatta di disordini semplificati e variazioni ritmiche screamate, quella di Jools MF e Mixmaster. Per una convenzionale notwistata dei GdM sui Perturbazione, c’è una elaborata notwistata di DJ DeNeo sui Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo + innumerevoli altri.
Come altri però hanno notato il bastard-pop non c’è, quasi. Non c’è il lato pop, quello smaccatamente ludico fatto di riconoscimento grasso e citazione incolta e filoillogica. Non c’è il lato bastardo, quello che punta a dissacrare e a contrapporre tessuti in maniera improponibile, forse tentato solo nel caso Pinktronix, anche se in maniera più elegante del solito. Non c’è il b-pop per gli ovvi motivi legali, ma non c’è forse anche perché i grandi del genere, eccezione fatta per i Soulwax/2 Many DJs, hanno cominciato a proporsi come remixatori, rifuggendo l’ormai consunta estetica delle due tracce sovrapposte (per monetizzare finalmente l’esperienza nei bassifondi della rete?). Il b-pop è certo andato sempre a braccetto con il revival elettronico anni80 e con le contaminazioni tra pop/rock ed elettronica, ma il dubbio che qui si tratti più di remix o di fini rapporti di gruppo è forte. A parte questo, non si disdegna l’ascolto e in certi casi il ballo, a patto che non dobbiamo trovare un altro nome per quello che sentiamo.

Oggi

Automotiv-ati.

La canzone del giorno

Meet Sue Be She - Miss Kittin