17.5.04

L’inaspettato colpo di scena

Solito posto, solito pubblico, probabile ultimo concerto prima della partenza. Il gruppo che apre si fa notare per la discrepanza tra Laverne O e il resto dei componenti. Seguono i Velma, lo dice anche lei dopo l’ultima canzone.
[sussurro quanto segue]
Ingresso: remake di Rivincita dei Nerds girato da David Lynch. Il chitarrista inizia da solo, poi lo raggiungono gli altri. Piccoli riflettori illuminano volti e pullover. Posso suonare più forte, forse ti sto annoiando. Dal lento al metal cinetico. Urlo. Poi (o in mezzo) silenzio interminabile. Io fisso gli 8mm tra il cantante e il chitarrista.
Gli 8mm stendono lenzuola con foglie disegnate sopra. Il fruscio dei filmini del battesimo e della comunione a corredo. Una pellicola si brucia, forse solo per finta.
Velma non cede alla tentazione: l’elettronica non si suona – si ascolta –, le urla non vengono amplificate dal microfono. Solo batteria sparata in tutto il suo volume ed eliche di chitarra.
Un volto. In senso orario.
Corsa e Mangoni che balla.
Applausi interminabili alla fine di ogni pezzo. Uno due tre bis. Il chitarrista chiede, stupito, ne dobbiamo fare un’altra?
La lista del merchandising pare una finta. Ma sul tavolino ci sono davvero frisbee, ombrelli, metri, spazzole e ad un chiodo è appeso anche il golfino.

Come i Delta V

Per carità, apprezzo. Quando giovedì sera Controradio la trasmetteva in chiusura di programma, subito dopo un pezzo dal nuovo EP degli A Silver Mt. Fattapposta e uno di Fennesz, non sono sceso dalla macchina e ho aspettato la sua fine (o la fine della pioggia) prima di portare le buste della spesa in casa. Ma Un Anno D’Amore basterà a (o ai) Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo feat. Robertina (ahem) per essere presentati da Irene Grandi?

Oggi

Lambdalambdalambda.

La canzone del giorno

They’re So Incredible - Revenge

11.5.04

Restituzioni prospettiche

Nella camera che ho qui ancora per un breve tempo non ho una porta. Ho una scala a chiocciola. Presente il set di un film, dove le mura arrivano fino a un certo punto con tutto il loro (sovrac)carico di domesticità? Menti sofisticatissime erano alle prese con uno studio del meccanismo architettonico che mi avrebbe garantito un privato anche per quei pochi minuti che passo lì di notte. Paraventi, tende a soffietto, ologrammi personalizzabili cantavano l’elogio del fisher e del computer aided design. Poi abbiamo rimandato tutto.
Il disco di Adem è l’equivalente sonoro di tutto ciò. L’ho capito andando sul suo sito/camera aperta. L’ha chiamato Homesongs e quasi tutti sono andati oltre il casalingo, definendolo un disco da cameretta, ma il senso del disco non è quello, non solo. Per questo abbandono subito la metafora da arredatore d’interni, risparmiandovi il parallelo sulla mobilia che mi era venuto in mente confrontando Homesongs con le prove di Kieran “4Tet” Hebden, compare di Adem nei Frigorifero. Vade retro sonorizzazione di interni.
Mi concentro allora sulle impressioni dei primi ascolti, in seguito polarizzati dal circolo tracce5-6-7, capace di avvolgersi su se stesso per minuti e minuti consecutivi fin quando qualcuno correva in nostro aiuto chiedendoci di apparecchiare la tavola. Un, due, tre: stella! Si comincia, anche se è facile inneggiare a un’immobilità statuata quando c’è, beh, quando c’è la pioggia. Ringin’ in my ear rallenta il vento della domenica pomeriggio sul terrazzino fino a renderlo brezza, di quella fresca che tu non ti accorgi del sole sopra di te e poi ti bruci il naso. La supermodella con cui stavamo insieme fino a ieri oggi ci ha lasciato per sfilare l’autunno/inverno 2004 sotto i cinquanta gradi, da qualche parte in California o a Kobe. In Cut la pressione non vuole separarsi dalle corde. Niente sorprese provengono dagli amici in These Are Your Friends che sembra fatta apposta per chiudere il concerto col suo crescendo iterativo finale di quelli che alla fine tutti urlano, anche quelli che sono lì per caso. L’inno a cosa è necessario nel trasloco tra camerette è seguito da quello al passeggero che ti tiene sveglia mentre guidi, fissando la strada in vece tua, con la radio rotta e l’assenza di passato, seppur prossimo, come elemento di conversazione. Pillow invece è troppo programmatica per essere soporifera. Ehi, io sono qui! sceglie volutamente di non farsi notare? E There Will Always Be inizia come una di quelle canzoni che Björk metteva al centro dei primi dischi solisti, scarna e accartocciata, voce e organetto e arpeggio e poco altro. Una porta aperta che però, per necessità di compiutezza, Adem alla fine socchiude.

DomeStiKa

So che ormai sono abbastanza invecchiato per citarlo ancora, ma Pitchfork scimmiotta i blog via Magnetic Fields.

Oggi

Elegia della scala a chiocciola.

La canzone del giorno

Blue Room - The Orb

5.5.04

Lost Souls In Modugno Auchan

Your bank card
Your license
Your thoughts
Your fears
No Sim card
No disco
No photo
No tear

We want your soul

L’ultima scatola ancora non era stata aperta. Ero appena arrivato e ora mi hanno detto che sto per partire. Da Maggio a fine Luglio (e forse anche a Settembre e Ottobre) questo blog si sposterà a Torino. E noi che volevamo fare i ricercatori alla californiana. Ci aspetta un residence, zone industriali sempre più anonime, gite al mare solo nel week-end. Asfalto bollente. Ma sorridi, mi dicono, è ora che tu finga di essere umano. Non sei una bestia stagionale, sarai differente in estate. La tua pazzia si adatterà alla loro. We Want Your Soul. Ci si vede da Iggy.

Sulle strade della zona industriale

Un omaggio, un tributo, un riconoscimento.

Oggi

Modù.

La canzone del giorno

La Pioggia Viola - Piero Scamarcio

3.5.04

Too Soon / When The Damage Isn’t Already Done

Storia di un preconcerto. Io sono arrivato in una Bologna autunnale prima di loro. Li ho aspettati e li ho visti in macchina mentre Lucio posteggiava. Ho stretto loro la mano. Ho chiesto a Chiara se la bassista Lisa stesse insieme a qualcuno del gruppo (il sito della Labrador dice che è l’ammore di Martin). Li ho visti mentre provavano i suoni e impiegavano più o meno lo stesso tempo che gli era servito per tirare fuori gli strumenti delle custodie. Ho visto qualche problema sui volumi delle basi e sulla tastierina (Böntempi?), risolto da un fonico non troppo preso. Ho fotografato il Juno 60 che uccide fascisti, ma un neon cospiratore mi ha rovinato la foto. Li ho sentiti definire il suono “a little bit punky”. Ho fatto anch’io da roadie e ho portato in camerino la custodia del Juno 60. Ho fotografato spillette. Il mio zaino con spilletta dei Polaroid è stato scambiato per un loro zaino e ha assistito a qualche minuto del gruppo raccolto in privato. Non mi dirà mai quello che hanno detto.

1995

Il 1995 è prendere un treno. È correre per 700 km per vedere la tua band.

Bus

Metà del pubblico aveva un blog. Tra questi in ordine di apparizione, “Gemma” Zazie che gioca con le bolle di sapone ma si rifiuta di ripetersi sul palco. I don’t need love, I’ve got Enzo e La Laura. Lucio (che non è un blogger, ma che è qui di diritto e ringrazio ancora per il doppio bootleg del concerto dei Belle And Sebastian di Marzo). E in tema di non blogger anche Salvatore di Indiepop a cui ho indicato il Covo. Il dinamico trio composto da Antonio30esimoanno, dal passaggio in macchina mancato a Loredana Bertè alla maglietta sinistra passando per complimenti spropositati e mai da me troppo ricambiati, da Gabriele di Sad And Beautiful che mi ha introdotto a Nin-Com-Pop, più volte sfiorata a Milano e finalmente conosciuta, e dall’incantevole Kabuki che in foggia di riccia calamita ora mi ha (at)tentato con la prospettiva del Primavera Sound a Barcelona – ci saranno anche Las Perras Del Infierno, cacchio –, ora ha infierito su di me raccontando di Björk e Aphex Twin visti nello stesso giorno. E davanti alla trattoria i compagni di taxi Colas battles the SIAE robots che insieme a tanti di noi sta provando a realizzare un altro sogno e Giulia, che non ha avuto il tempo di crearsi una mia immagine virtuale e a cui ho consigliato un possibile rimedio contro le allergie stagionali. Fio, che mi ha fatto compagnia durante la cena e mi ha colpito con la sua grazia discreta. E poi spostandoci al Covo Enver, di Portogallo vestito a cui ho chiesto di possibili tour baustelliani pugliesi, i vicini di concerto Max di IBDD ed elis, l’influenzato indie David Zard e sinistro, riconosciuto come blogger in quanto indossatore di una maglietta modificata di Wittgenstein, Gecco con cui ho parlato del suo tour siculo ed EnzoP, brevemente incrociato sul finire della serata. E il blogger cinematografico che non ricordo con cui mi scuso per
a) aver origliato la sua conversazione/presentazione “anche tu hai un blog?”
b) aver strappato alla sua attenzione la pirotecnica Marina per un piacevole scambio di complimenti in salsa pugliese.
L’ultimo blogger salutato con una discussione su Paola e Chiara, pensa te, prima di prendere la strada del sonno è stato Leonardo, che volevo ringraziare per questo e poi mi sono dimenticato, come tante cose che volevo dirvi e non vi ho detto grazie al mio solito complesso di timidezza da primo incontro. E poi saluto quelli che non mi sono capitati davanti, Valido, Livefast e soprattutto Uliva (ma dov’eri?)

Strange Things Will Happen

Continua il festival della coincidenza. Di incontri, comuni e carrozze di treni. E altre stranezze. Perché una ragazza dovrebbe mettere un dito nell’orecchio al coinquilino di colui con cui sarò per sempre in debito? Perché il qui presente me ha cantato STWH a Johan in camerino non appena questo ha espresso meraviglia per come il pubblico conoscesse i testi? Perché ho parlato con loro contravvenendo a una delle mie regole non scritte, venendo così a sapere che il loro ex terzo chitarrista si chiamava Max come me? Perché non ho ballato nel dopo concerto?

Why Won’t You Talk About It?

Ma non parli del concerto? Certo che parlo del concerto. Io ne volevo di più, e ancora di più. Piccole modifiche in corsa suggerite al fonico andavano via via migliorando un suono che però, per forza di cose, si è mostrato più impastato che su disco e saturo appunto qui e là in maniera “punky”. Johan si mostrava stupito da come venivano accolti i pezzi e non nascondeva certo il nervosismo, rimescolando le mani dinoccolate. Johan somiglia tantissimo a Marco che vorrebbe insegnarmi a suonare la chitarra. La potenza sonora veniva incrementata dal precitato “alza questo, alza quest’altro, alza un po’ tutto su”, al punto che tra i tanti commenti delle prime file raccolti in seguito, alcune mi si sono lamentate per la muraglia. Io ne volevo di più, e ancora di più. Johan aveva caldo. Lisa Kim forse di più. Lisa Kim in alcune canzoni non suonava il basso, che era già presente nella base. Chissà perché. Le basi registrate forse limitano un po’ dal punto di vista espressivo, ma non sono mai state usate in maniera soverchiante e opprimente. 1995 arriva. E alla fine I Don’t Need Love, I’ve Got Enzo and Laura è come una corsa dopo un gol all’ultimo minuto, mentre loro sono abbracciati e chissà cosa pensano.

Your Father

Nonostante Delio abbia provato ieri sera a cena a confutare il loro debito con quel passato, i Radio Dept. si guardavano le scarpe. E io con loro, visto che secondo Chiara avevo un’aria molto sciugheizer. Da ieri invece giro col capello shpiritato alla Mike Patton, giusto per non sembrare reduce da un orgasmo multiplo anni Novanta.

The City Limit

Bologna mi ha salutato col sole. Che bella Bologna di domenica alle dieci di mattina, (indovina per chi è la gru?). Avrei potuto anche salutare Domenica, ma siamo o non siamo nel 1995?

Oggi

Radio Polaroid Dept.

La canzone del giorno

1995 - The Radio Dept.