29.2.04

Come imparai a preoccuparmi e a non incontrare una modella per una settimana

Domenica
Mi fa male la gola. Tappato in casa dormo più del solito, mangiucchio, leggo e scrivo. Non chiamo nessuno per l’improvviso concerto dei Devics che inizierà troppo tardi in un centro sociale troppo fuorimano. Meglio, che inizierà senza di me troppo tardi in un centro sociale troppo fuorimano.

Lunedì
Domenica tiene una lezione sul problem solving. Ci mostra il portiere dell’albergo di Playtime, che finge di aprire una porta a vetri mimando l’azione nel vuoto con la maniglia. Anzi, no. Ci mostra tutta la scena della festa. Io inizio ad avere pure la tosse. Nel tentativo di farmi fuori mi scelgono come portavoce per l’InBasket, in quanto le mie scelte personali sono quelle più simili alle decisioni prese in gruppo. Bisogna saper delegare e quando devi comunicare qualcosa, fallo di persona. Per esempio io vi dico che lunedì sera non sono uscito. Non ho avuto il coraggio, però prima. Non ho avuto il coraggio di cercare un biglietto per i Blonde Redhead al Teatro Studio, perché ero certo che non l’avrei trovato e la delusione sarebbe stata troppo forte.

Martedì
La gola è secca, gonfia e arrossata. La tosse disturba il sonno. Non mi fornisce sollievo non sapere se ho la febbre perché mia madre ha messo in valigia il termometro Chicco che usavo quand’ero neonato e l’ho provato solo sotto l’ascella. Il masterando dell’anno scorso che presenta una delle attività che potrei svolgere da Aprile in avanti è fidanzato con una ragazza che stava sul calendario Pirelli dello scorso anno. Ma lei non ci è venuta a trovare.

Mercoledì
Mi fa male pure il pancino. Al colmo della sofferenza psicofisica vado a dormire presto. Là fuori qualcuno ci pensa.

Giovedì
L’impresa ci vuole e maschera colloqui per l’assunzione sotto forma di presentazione di future attività di formazione. Sara non riesce a prenotare per Le Vibrazioni, che registrano un concerto per la radio. Hanno cercato in tutti i modi di convincermi a seguirli, ma solo per un attimo sono stato sfiorato dall’idea. Io ho crisi di ridarola quando leggo questo. Dopo una settimana in casa si esce e, non conscio delle conseguenze, scelgo un posto a caso dove andare a bere qualcosa. Il Gioia 69. Entriamo e sfiliamo su faretti che ci illuminano dal basso. Su schermi piatti va in onda un film francese in bianco e nero con Lino Ventura. Una DJ anche qui. Alessandro mi chiede della DJ. Ha troppe rughe, dico. Alessandro mi chiede della musica. Ha troppe rughe, dico. Sono tutti più grandi, più eleganti, più qualcosa di noi. Le donne indossano persino le minigonne senza calze. Non c’è la torta della festa di compleanno privata di cui parlavano i portieri all’ingresso. Poi arriva Giorgio Mastrota, stringe mani e sorride.

Venerdì (E Remix)
È l’ora del party e lei è pronta. Il party è trascinante, meraviglioso e lei si è vestita così meticolosamente. Entra nel magazzino, una terra desolata, alcuni ragazzi, prigionieri nell’abbraccio della stanza, fradici di sudore ballano le canzoni che non mi piacciono. È colpita non favorevolmente, nel vedere quanti hanno deciso di vestirsi in maschera. È giusto? È così buio che riesce solo a scorgere il pallore del flash di una digitale uguale alla mia. Non sei un buon ballerino e la canzone finisce, un’altra le si sovrappone? Tutto senza senso. Ti segue giù al piano di sotto, dove c’è la vecchia scuola e i Run DMC, poi si risale. Restiamo in un angolo, aspettiamo, ascoltiamo la musica, musica che non ci dice niente, suona forte e basta, il solito ritmo ottuso e straniante che ci tiene in trappola, che ci impedisce di muoverci, e all’uscita di questo posto non ascoltiamo la prima voce in due ore (Donna Summer) – è finita. Andiamo via, verso il finesettimana, guardo in basso, le luci della città.

Sabato
Alle Messaggerie sfoglio le riviste mentre i miei colleghi cercano libri in inglese. Cerco di fare colpo su inesistenti indiesnob circostanti lamentandomi con Saverio delle copertine ai Darkness. Miss Peaches deve essersi servita dalla mia stessa catena di dentisti in franchising. Prima di cena l’Azienda Municipalizzata Servizi Ambientali ci offre il soundcheck di Gene Gnocchi che canta imbacuccato Rocking In The Free World e altri classici rock, zompando sul palco. Il Walter Matthau italiano sembra l’Iggy Pop italiano col mal di gola e col cappello di lana. Io, non ho più mal di gola.