16.1.04

Il mondo visto dallo spazio

Ciao, io sono Lonia e sono. Una. D.J. Coi punti dopo le lettere. Il mio vero nome è Apollonia e non so perché i miei genitori abbiano chiamato così una ragazza nata nel settantasei. Non può essere per l’Apollonia di Prince. Una volta mi hanno detto che l’avevano sentito in un film con una ragazza che sapeva guidare le auto negli anni cinquanta ma poi esplodeva. Io invece penso che l’abbiano scelto per Santa Apollonia, la patrona dei dentisti. Ho tagliato il mio nome perché così è brutto uguale ma almeno non sembra preso da un graffito sul tempio di Segesta. Metto dischi caldi per buffet di paste fredde. Chi mangia e ascolta non si cura troppo di me e perciò non mi comporto da D.J.
Per esempio oggi sto seduta sulla poltrona. Cambio il disco su due parti senza batteria e poi mi tolgo la cuffia. Se voglio mi alzo e gironzolo nel mio quadrato. Parlo con quello che mi sta accanto, non ricordo se sia un amico o solo il mio ragazzo. Scruto gli altri annoiata. Riprendo la cuffia e cambio ancora, metto qualcosa coi canarini in sottofondo e la sensazione è strana perché quei grandi divani sembrano troppo piccoli per tutto quello spazio e per quelle luci che stendono veli rossi e appena pietosi.
Un ragazzo dall’accento bergamasco dice ad un altro ragazzo dall’aria malinconica o forse solo felice che dovrebbe avvicinarmi e attaccare bottone con la scusa delle canzoni messe. Lui risponde che andrà non appena metterò una canzone che ama o anche una di cui si ricorda il titolo. Poi prende il bicchiere, vede che è rimasta solo menta e ghiaccio e lo riposa sul tavolo. Ogni tanto si volta con lo sguardo di uno che ha capito che ho Little Fluffy Clouds con me o forse sono io che mi illudo e lui pensava soltanto ad Higher Than The Sun. Non suonerò nessuna delle due. Si sposta col gruppo che sta insieme a lui lontano dal duo di reduci della business-class sdraiati sui cuscini a limonare, dimentichi del ROE e delle caramelle Alpenliebe dispensate dai distributori aziendali. Poi dopo un po’ si alza e se ne va. Lo saluto tagliando frequenze e riportandole lentamente in superficie. Tanto non se ne accorge nessuno.