Settantuno secondi
Non vi tedierò con le mie impressioni sull’esordio solista di Martina Topley Bird e su come in quasi tutte le canzoni abbia saputo prendere il meglio del suo passato, cosa non riuscita invece a Tricky. La vecchia storia che il vero Don Chisciotte fosse Sancho o forse era il contrario o forse nemmeno quello. Dopo di me sarà il diluvio, sappiatelo, sui giornali se ne parlerà molto. O forse no. Niente traccia per traccia allora, perché Martina cambia faccia alla sua voce dentro le canzoni e sarebbe troppo lunga da portare avanti. Forse avrei fatto uno strappo per la mia favorita Anything che inizia nel modo peggiore possibile, come una canzone dei Morcheeba, ma poi diventa un gioiellino pop, di quelli che vorresti una voce femminile nei Radiohead di una volta per vedere di nascosto l’effetto che fa. No, voglio regredire al primo minuto di ascolto, all’Intro, perché ho sempre pensato che la voce di Martina non necessitasse di mediazioni e in quel minuto è così. Ci si ritrova con una radice nel piatto, ma non si ha il tempo né la voglia di dire “Già fatto”. Giustamente in una recensione di un concerto in cui presentava Quixotic il giornalista ha scritto che Martina compare una seconda volta sul palco quando inizia a cantare. E, inutile dirlo, aveva iniziato con Intro.