25.7.03

Quatre nuits d’un rêveur

Sylvain Chauveau fa parte di diversi gruppi, per esempio Micro: Mega e Arca, ma trova il tempo anche per farsi i fatti suoi. Tecnicamente avrei potuta chiamarla carriera solista, ma è un termine troppo altisonante e che ormai sa troppo di riciclaggio, mentre qui non si parla di riciclaggio. Dopo aver pubblicato due dischi usciti soltanto in Francia, Le livre noir du capitalisme e Nocturne Impalpable, i provini di quest’ultimo sono stati sentiti dalla Fat Cat, l’etichetta che ha lanciato in Europa Sigur Rós e Múm. Ed è proprio come apripista in alcuni concerti dei Sigur Rós che ho letto per la prima volta di lui.
Non ha avuto una formazione musicale classica come i suoi dischi lascerebbero intendere e anzi forse non sa nemmeno leggere la notazione musicale. Autodidatta e curioso, ha la passione per il bozzetto e per la forma breve. Usa il pianoforte come elemento principale, unendo le circolarità romantiche e melodiche del primo Novecento francese alle sperimentazioni elettro-acustiche degli anni Sessanta. Musica silenziosa e notturna tentata altrove quest’anno per esempio da Rupert Huber nel bonus disc dei Tosca.
Un Autre Décembre è dedicato a Robert Bresson e alla sua ricerca dell’essenziale, come in ogni intervista Sylvain non dimentica di ricordare attraverso le parole delle Note sulla cinematografia del regista francese: “Assicurati di aver usato tutto quello che deriva dall’immobilità e dal silenzio”. Che Chauveau avesse una passione per il cinema non era cosa ignota e non parlo soltanto delle citazioni per esempio di Jean Luc Godard in JLG dal primo disco: soprattutto Nocturne Impalpable è molto cinematico, procede per immagini, colori e addii.
Un Autre Décembre si distacca invece dal precedente agendo per sottrazione, eliminando in primo luogo gli archi. Ancora una volta bressoniano nel maneggiare il minor numero di elementi, Chauveau crea dimensione attraverso timbri, echi ed un pizzico di disturbi elettronici. Non manca come in Nocturne l’uso della fisarmonica in una traccia. Il disco dura poco, è quasi un mini-album se si considera poi che le quattro tracce di Granulation sono talmente ambientali da confondersi col silenzio inter-traccia, con l’eccezione di Granulation 3 che ricorda la rotella dei vecchi telefoni di una volta. Forse troppo autunnale per questi giorni, se non avete un cuore spezzato su cui ripiegare. E comunque il precedente, Nocturne Impalpable, rimane preferibile per un primo approccio. Non per niente il suo primo pezzo si chiama Blanc.