Happy songs for happy people
No, non ho cambiato idea su Happy Songs For Happy People dei Mogwai. Non è un disco che non mi piace, ma la doppia negazione non si era annullata allora e non si annulla ora. Happy Songs mi coinvolge poco mentre mi vuole coinvolgere. Ascolto i Mogwai dagli inizi, non ho perso né EP, né dischi di remix, né persino fantomatici (e falsissimi) split cd non ufficiali insieme ai Sigur Rós. Mi piacciono per i loro limiti, perché sono un gruppo di pischelli mezzi ‘mbriachi che si siede lì e si chiede “cosa propiniamo a quei quattro scimuniti che ci vengono dietro?” con scimuniti sottolineato (e dal vivo pare che te lo facciano anche capire). I loro dischi mi hanno dato questa idea anche quando sembravano serissimi, li vedevo come quegli orologi dalla cassa trasparente, con l’estetica della meccanica in evidenza. Le molle, le rotelle e la batteria reclamavano la loro utilità nel mostrarsi meccanismo; poi ci si accorgeva sempre meno di quello che andava oltre le lancette. Un concetto che i Sigur Rós hanno poi estremizzato in “ ( ) ” dove l’orologio è privo di meccanica e sfrutta soltanto il calore del polso e le oscillazioni ritmiche della circolazione sanguigna. Per inciso, non sopporto gli orologi e in genere i critici stroncano i Mogwai, quando vogliono stroncarli, proprio grazie alla storia dell’orologio.
Non sono dunque uno di quelli che pensa che i Mogwai abbiano fatto sempre lo stesso disco, tanto che preferisco le cose degli esordi, fracassone e volutamente non trattenute anche in termini di ritegno formale – l’intro di Young Team o la lunghezza casinista di Mogwai Fear Satan. Se Happy Songs ha un difetto, per me non è l’uso delle voci sintetiche (o meglio del vocoder) già visto in 2 Rights Make 1 Wrong o la rilassatezza d’insieme dovuta al sempre più raro furore elettrico cazzeggione degli esordi o ancora il problema di trovare una formula che li distacchi dai saliescendi e non li avvicini troppo alla canzone. No, semplicemente continuo a vedere solo il meccanismo e mi sembra più complicato di quanto vogliano le lancette, al punto che alcune rotelle sembrano ferme e inutili.
Poi negli ultimi tre giorni mi è successa la solita coincidenza. In giorni di orologi importanti ho beccato per tre notti di seguito in tre orari diversi il video di Hunted By A Freak, quello in computer graphics. La canzone non mi piace ancora, forse per il vocoder, ma me la risento in testa canticchiata da voci di donne. Ho ripreso i titoli e Hunted By A Freak, Moses I Amn’t, Kids Will Be Skeleton, Killing All The Flies, Boring Machines Disturb Sleep, Ratts Of The Capital, Golden Porsche, I know you are, but what am I?, Stop Coming To My House sono un po’ il datario di questi tre giorni. Ma vedo ancora il meccanismo. E mi chiedo se la mia strada sia fondare un ente di protezione degli animali in computer graphics lanciati dai grattacieli.