5.6.03

There’s a calm. There’s a storm. There’s a radio that plays

E venne il momento di consigliare il mio disco dell’estate. I fratelli Pernice non flirtano con l’elettronica, non suonano gli strumenti nell’osservanza di teorie post-moderne, non sperimentano sulla pelle della forma canzone. Il basso è un basso, la batteria è una batteria e il massimo di pirotecnia manopolare che si concedono è un coretto che si sente un po’ a destra e un po’ a sinistra (in realtà c’è anche altro, ma assuefatto ai topi di studio tutto sembra così privo di tocchi che non siano essenziali). Canzoni alla ricerca del pop perfetto. Joe Pernice scrive melodie felici e non intendo solo ben riuscite. I suoi testi parlano di amori disastrosi e fallimenti. Non ho scritto invece. Non ci si accorge subito di come l’abbinamento congiuri e ci si ritrovi a cantare parole che sembrano non avere relazione con quello che esce dagli altoparlanti. Io ero già abituato dagli altri due dischi dei Pernice Brothers, con le loro Working Girls “contemplating suicide or a graduate degree” o le storie di aerei in fiamme che si inabissano nell’oceano. Quelli che si intendono di anni Sessanta vi diranno come abbiano tra i loro padri The Hollies e The Zombies. Nel precedente The World Won’t End subivano il fascino californiano di Byrds e Beach Boys. Nel nuovo Yours, Mine & Ours nascondono subdolamente tra le melodie senza tempo le chitarre angolari della new wave. Ah, dopo aver completato il disco, Joe Pernice ha scritto un racconto-lettera d’amore a Meat Is Murder.