6.6.03

JMP M83

In un anno finora non esaltante per la musica proveniente dalla Francia, un passaparola sotterraneo definisce gli M83 come il meno peggio in arrivo dai cugini della porta accanto. Vabbé il passaparola non usa ‘meno peggio’ e lo caratterizza con toni quasi modaioli da disco a cui non si può rinunciare, ma siamo ventenni ancora per pochi mesi e ne dobbiamo pur approfittare. Alcuni si sono esaltati a tal punto da scrivere una recensione narrativa su quaranta secondi di una canzone. Per rendervi conto della situazione, pensate che molti in giro non dicono più di sentire gli Air ma gli M83 pronunciati rigorosamente in francese emcatrventruà. Riponete la vostra mazza ferrata nella fondina e aspettate un altro po’ che dobbiamo parlare di astronomia e ventenni. Ehi, dove siete andati???
M83 è il nome di una galassia a spirale e qui invece me ne vorrei andare io, perché tutto ciò che è oltre la ionosfera mi ricorda due cose: una ragazza che cercava di mettersi con me - figlioli, non in senso biblico almeno all’inizio, almeno credo - al ritorno da un viaggio d’istruzione in Toscana e che aveva attaccato un interminabile bottone sulla sua passione per l’astronomia; la professoressa di Geografia Astronomica che mi maltrattava perché avevo preferito Italiano e Filosofia come materie d’esame per la maturità, anche se quell’anno uscì Fisica e non Geografia Astronomica e pure la componente della commissione mi chiese come mai non avessi scelto Fisica. Facciamo finta che l’83 si riferisca ad un anno, ma i due pur essendo ventenni non sono nati nel 1983. Vengono da Antibes e qui abbiamo materiale per eventuali interpretazioni geografiche e non astronomiche. Sono al secondo disco (Dead Cities, Red Seas & Lost Ghosts) dopo essere stati dal vivo la rivelazione de La Route Du Rock nel 2001 e dopo la partecipazione al Sonar di Barcellona, ma non ho ascoltato l’esordio visto che per la prima volta li ho sentiti nominare questa settimana. Completano la formazione la voce ospite di Cyann e il canadese Montag che si è occupato di arrangiare gli archi, che non so chi siano.
L’impressione ricavata dai primi ascolti è ambivalente e cioè alcuni pezzi reclamano il salto, altri sono quasi interessanti. Iniziano con un pezzo introduttivo Birds con gli uccellini che cantano e che perdóno solo perché dura meno di un minuto. Poi segue Unrecorded che sembra una copia carbone degli Air di Moon Safari, fino a quando il sintetizzatore non suona così simile ad una canzone italiana degli anni Sessanta/Settanta che forse era la cover di una straniera (Nada?) di cui non ricordo il titolo. Run Into Flowers introduce il lato più soddisfacente del disco, quello in cui i due M83 applicano a sintetizzatori e sterpaglie varie le tessiture dei My Bloody Valentine. Il titolo di In Church connota in maniera imbarazzante la prima parte e l’uso dell’organo, anche se la traccia si salva(?) un po’ coi denti di sega. America è il pezzo più riuscito e mischia in un solo colpo rumori di fondo, coin-op, una battuta più veloce del resto del disco e una chitarra tutta ciancicata. Piccolo avviso di passaggio: se vi imbattete in un pezzo chiamato On A White Lake Near A Green Mountain sapete già cosa aspettarvi e qui non è diverso, salvo il ripescaggio delle zanzare tanto care alla prima techno. Noise inizia come la canzone che c’era nella pubblicità del pesce azzurro, quella con la nave peschereccio che affronta i mari del Nord in tempesta, suonata dai My Bloody Valentine; poi però recupera quando le schitarrate hanno la meglio. Be Wild per me è una cover dei Duran Duran molto camuffata. La chitarra all’inizio di Cyborg suona posticcia, poi saturazioni meno convincenti che altrove. Chi conosce l’assembler non resiste a canzoni intitolate con numeri esadecimali e così io a 0078h, sui livelli di America e un Game Boy in omaggio. In Gone vogliono fare il cinema. Chiude Beauties Can Die con inizio etereo alla Múm, somme di drone, silenzio e finale fantasma.