void MotionVectors (FILE *Immaginedipartenza, FILE *Immaginediarrivo, FILE *Vettori)
Ho scoperto Matthew Herbert mentre seguivo le lezioni di Teorie e Tecniche di Elaborazione dell’Immagine. Non è una materia integrativa per rendere più presentabile il futuro ingegnere. Non è nemmeno un corso comune a Scienze della Comunicazione. Noi siamo quelli che rendono più belle le ragazze nei calendari, a colpi di bit. Non solo, ma anche. Il video di Suddenly non poteva perciò non colpirmi. Un’immagine a colori può essere rappresentata in diversi modi, a seconda dello spazio di colore scelto. Lo spazio RGB permette la definizione di un’immagine attraverso la somma di tre immagini, una rossa, una verde, una blu. Nel video di Suddenly l’immagine di Dani Siciliano, la cantante della canzone, veniva scomposta nei tre colori: le tre immagini monocromatiche si allontanavano in direzioni diverse, sovrapposte all’immagine principale. Il corso di Teorie e Tecniche di Elaborazione dell’Immagine prevedeva una tesina conclusiva che nel mio caso riguardava un metodo innovativo per la ricerca dei vettori di movimento tra due fotogrammi bitmap-RGB. Qualcosa che poteva essere facilmente integrato in un encoder MPEG.
Matthew Herbert ha iniziato a suonare violino e pianoforte a quattro anni. Il suo primo gruppo fu una big band di venticinque elementi, ispirata a quelle degli anni Quaranta. Figlio di un ingegnere del suono della BBC, si è circondato fin da piccolo di aggeggi elettronici. A scuola poi ha avuto la fortuna di incontrare un professore che suonava alla classe Reich e standard jazz. La mia professoressa di musica delle medie al massimo Calabrisella Mia e Oh Campagnola Bella. Dopo aver prodotto musica elettronica sotto vari pseudonimi, usando sul palco i più svariati oggetti della vita quotidiana, ha preso lezioni di jazz. Più o meno in coincidenza col periodo di maggiore fioritura commerciale dei DJ, quegli anni in cui anche il più conservatore degli artisti doveva avere una lista di campionamenti tra i crediti, Herbert sceglie di scrivere musica seguendo le rigide regole dell’autografo manifesto PCCOM: nessun campionamento di musica altrui, nessuna batteria elettronica, niente preset, nessuna riproduzione digitale di strumenti tradizionali, attenzione per l’accidentale quanto per il premeditato e distruzione dei frammenti di lavoro una volta completata la canzone. Come tutti i manifesti esprimeva la necessità di essere originali ed era un modo per farsi notare. Bodily Function seguiva solo in parte il manifesto, ma dava un’idea ben chiara di quali potessero essere i risultati. Tra i suoi crediti si poteva leggere che alcuni dei suoni erano ottenuti dalle articolazioni e dalle ossa di Dani Siciliano, dallo scuotimento del suo zainetto (con tanto di descrizione del contenuto), da un topolino che usciva da un bicchiere di carta, dal ronzio dell’inserimento di un jack. E però senza prendersi troppo sul serio: lo stesso Herbert racconta che durante un concerto, mentre suonava una bottiglia d’acqua, tutto il pubblico lo fissava in maniera seria e compunta; lui sorrise e tremila persone gli risposero, con quella magnifica sensazione che è l’accorgersi di essere dopotutto dei dementi.
Il suo sogno però rimaneva la big band. L’idea della Matthew Herbert Big Band si è fatta strada mentre Herbert scriveva alcuni pezzi per una docu-soap sulla break-dance della coreografa Blanca Li, nota per il balletto in circolo del video di Around The World dei Daft Punk. Con l’aiuto dell’arrangiatore Pete Wraight, Herbert ha scritto delle partiture iniziali per una band composta da quattro trombe, quattro tromboni, quattro sax, piano, basso e batteria. Come lui stesso sottolinea, più un’orchestra jazz che una big band. Agli strumentisti si sono aggiunti i cantanti: la fedele Dani Siciliano, Arto Lindsay, il leader dei Super Collider Jamie Lidell, Mara Carlyle e Shingai Shoniwa. Il materiale registrato quindi è stato decomposto e ricostruito secondo le regole del manifesto, con l’aiuto di membri dei Mouse On Mars e dei Plaid. Al solito non mancano stramberie come percussioni ottenute attraverso il lancio di elenchi telefonici da diverse altezze e ticchettii ottenuti in chissà quale modo.
Dire qualcosa su Goodbye Swingtime è per me difficile e per questo lascio il compito a chi ha più familarità col genere. Non saprei dire dove è citazione e dove scrittura, dove è standard e dove invenzione. Per quanto riguarda invece l’uso dell’elettronica nella prima parte è molto ridotto, quasi rispettoso. Col procedere del disco diventano maggiori gli interventi. L’orchestra a fettine start e stop percorre tutta Fiction, ma nelle successiva Chromoshop si interseca con sezioni più convenzionali, fino a The Battle dove è solo preludio alla classica cavalcata. The Many And The Few sembra uscita da Idiology dei Mouse On Mars. I pezzi cantati dalle ragazze sono quelli con l’uso maggiore di elettronica soprattutto per le strutture ritmiche - chissà perché. The Three W’s è sullo stile di Bodily Functions. Misprints è la più sincopata, si dice così? In Simple Mind i rumori e i clic cedono a tratti la scena all’orchestra nella sua versione più notturna. L’ascolto è godibile e fortunatamente evita certi luoghi comuni dell’acid jazz, ma, come detto sopra, per questioni più tecniche dovrei affidarmi ad un consulente.