Luoghi comuni
Quanti luoghi comuni mi stanno venendo in mente! E tutto perché intendo parlare di una cantante che utilizza la madrelingua tedesca nel suo nuovo disco. Volevo partire dall’esterofilia dell’italiano, parlare di come sia mediata dalla nostra ritrosia verso la lingua straniera. Avrei discettato di traduzioni e doppiaggi che annullano mosaici linguistici e della mania per la rilettura all’italiana della musica popolare straniera, uno dei fenomeni della nostra beat generation. Rita Pavone e Caterina Spaak, il martello e quelli della mia età. Avrei svelato che il sottotitolo del mio blog è in inglese unicamente perché credevo che la voce description si riferisse a tutto meno che al sottotitolo. Poi mi sono detto che ancora non sono pronto per un posto nel CdA RAI. No, in realtà mi sembrava ancora più ridicolo di queste righe quassù.
Il tedesco è una lingua musicale. Tutti quelli che conosco e che hanno studiato il tedesco me lo dicono. Facile fare ironia sulle parole ricorsive tanto amate da noi ingegneri e filosofi o sui suoni duri e consonantici che comunque abbondano. Eppure il tedesco è stato lingua di poeti e musicisti e di ragazze inaspettatamente senza il vocione da centometrista della DDR. E tra i suoni consonantici ci sono pure quelli sibilanti, accattivanti se uniti al gioco delle vocali, lunghe e brevi, al punto che di riflesso i suoni più duri diventano solo piccoli e innocui graffi.
Non sorprende allora che Barbara Morgenstern canti in tedesco in Nichts Muss, suo terzo disco che la vede interagire con due santoni dell’elettronica tedesca come Stefan Betke aka Pole e Thomas Fehlmann, collaboratore/membro più o meno interno degli Orb. Barbara Morgenstern l’ho conosciuta sul singolo dei Dntel (This Is) The Dream Of Evan And Chan: il suo remix, anche se musicalmente aveva modificato poco la canzone, si faceva notare molto dato che ricantava parte del testo. Lì però si affidava ancora alla duttilità dell’inglese. In questo disco invece ha fatto una scelta che potrebbe essere anche poco remunerativa, ma che suona come una sfida. Inserendosi nel filone di contaminazione tra elettronica minima e canzone, tenta una strada diversa da quella più o meno rock dei Notwist e da quella più o meno pop dei Postal Service: pop da camera (da letto, quasi). Nulla di particolarmente nuovo, ma con suoni curati, raccolti e raffinati, forse anche troppo.
Una canzone in particolare, Gute Nacht, però spicca proprio per i motivi di cui sopra, per come il tedesco è trattato, alla ricerca di una musicalità che sia dolce e sensuale, anche senza fare a meno dei più caratteristici suoni ruvidi. Certo Barbara è aiutata soprattutto dalla sua voce, che rende meno ardua la riuscita del tentativo. E dove abbondano le erre e le zeta si percepisce comunque una piacevole sensazione di contrasto. Tuttavia è un buon esempio di come il tedesco possa andare bene anche per il pop e non solo per il thrash metal o lo yodel.