23.5.03

Char Kway Teow II

Dan Snaith è PhD in matematica pura e giuro che non voglio cominciare da qui per parlare di calcoli, anche se a volte vorrei condividere il problema inverso di Galois, quello in cui si studiano dei gruppi rispetto alla loro validità come gruppi di Galois di un’equazione differenziale definita su una certa varietà - e noi usiamo questa cosa per le reti con degenerazioni topologiche. Dan Snaith è Manitoba e, dopo un primo disco di discreto lavorìo al laptop, al suo secondo Up In Flames ha raccolto consensi quasi unanimi. Partiamo allora da chi non è d’accordo in questa piccola rassegna. L’unico fuori dal coro è stato Q che ha definito il disco, guarda te, con una formula matematica: il cantato di Don’t Stop degli Stone Roses + strati di campanelli + cani che abbaiano + batterie rumorose = casino. Gli altri si sono lanciati in lodi più o meno convinte, ricolme soprattutto di nomi e ognuno ha evidenziato ciò che ha riconosciuto di familiare nel disco, sia che fossero le batterie col timbro alla Hal Blaine o il revival dei primi Settanta alla luce degli Ottanta suonato nei Novanta dagli Spiritualized. E in mezzo di tutto, perché Dan Snaith ha voluto così.
Nel disco Manitoba schiera una sezione ritmica con due batterie come detto molto trattate e chitarre e campanellini e rane e qualcosa campionato ma che suona come un piffero e le voci con strati di riverberi ed echi che le anticipano alla maniera delle chitarre dei My Bloody Valentine e i cagnolini. È tutto un e, come una serie divergente. Casino alla maniera di Tomorrow Never Knows o di Let Forever Be? I riferimenti sono molti, troppi, adagiati uno sull'altro: qui le voci a là Beach Boys o a là Byrds, lì un maligno arpeggio con cara prudenza, il modernariato di certa Beta Band, la somma di saturazioni cara agli shoegazers e un pizzico di elettronica che sta lì solo per caso, eh.
Certo c’è quel tentativo di utilizzare la scrittura come segreta burattinaia del casino: niente strofe e ritornelli e le esplosioni devono comunque arrivare e arrivano. E alcuni pezzi prendono, quando la ritmica scatta in fuga. Però. Però sembra un giocattolo per critici e ai primi ascolti si torna indietro per vedere se non l’aveva già fatto prima quasi uguale in un’altra canzone. E sembra un piatto troppo condito. Anzi, quasi il rifacimento di un piatto troppo condito.