Il carretto passava e quell’uomo abbanniava CHIHUAHUA
Forse lo sapete anche voi, è stata recepita una direttiva europea che inasprisce le sanzioni per chi infrange il diritto d’autore. Dalle strade sono scomparsi i banchetti che affollavano i portici e gli angoli di quasi tutte le città italiane, l’hanno detto alla televisione. E poi c’è Palermo. Qui non è cambiato nulla a quanto ho visto oggi in Via Maqueda, lì all’incrocio con Via S. Agostino. A Palermo la pirateria è un bene culturale da preservare. Noi non abbiamo il semplice banchetto dell’extracomunitario con cui è facile scappare se arriva un vigile. Noi abbiamo dei carretti che si muovono per la città come soundsystem, spinti da antenati di dj che hanno visto passare sotto i loro occhi l’evoluzione di strumenti, supporti e gusti. Se mettessero in pratica quello che sta provando a fare ora Steve Jobs guadagnerebbero sicuramente di più dell’americano.
Già, hanno anche un enorme senso del mercato e muovono la testa a ritmo mentre spingono quel carretto con i poster dei cantanti napoletani attaccati sul fianco chiuso. Ecco, credo che ci siano pure a Napoli questi carretti, il regno delle due Sicilie. Dicevo del loro senso del mercato. Sono i primi a individuare i tormentoni, ma sono capaci anche di crearli. Il palazzo dove abito ha di fronte un ipermercato. Per un certo tempo uno di questi carretti aveva deciso di fermarsi lì davanti e di suonare a ripetizione una canzone da un Best Of Zecchino d’Oro piratissimo, Il lungo, il corto e il pacioccone. Non so perché, ma forse si era reso conto che gli ipermercati sono frequentati soprattutto da mamme con bambini piccoli al seguito o semplicemente aveva venduto molte copie dello Zecchino d’Oro ufficiale il mese prima. Il problema era la ripetizione continua della canzone, anzi delle canzoni, visto che invece di riportare indietro la cassetta, azionava l’autoreverse e faceva sentire Il coccodrillo come fa?. In quel periodo sotto esami, raggiunsi la calma flemmatica di Jack Nicholson più o meno a tre quarti di Shining quando un rivolo di bava gli scende dall’angolo della bocca mentre cerca di fare a fettine qualsiasi cosa gli capiti davanti.
Certo a volte vanno sul sicuro. Come quando vendevano le cassette di Sanremo, la mattina dopo la puntata. Non c’erano ancora la registrazione in digitale dal ricevitore satellitare, Kazaa e i cd, ma si sapeva subito che il babà era una cosa seria. Pippo Baudo iniziò a perdere capelli per colpa loro. Altre volte scommettono, come con Chihuahua quest’anno: era sicuro il tipo del soundsystem, si ricordava pure che DJ Bobo aveva avuto successo a metà degli anni Novanta. Ma quest’anno, ammettiamolo, sono voluti andare sul sicuro e hanno usato la formula Mambo N°5: che volessero evitare i vibranti editoriali di Mario Giordano sull’argomento “Come mai ad Agosto non abbiamo ancora un tormentone”?
Aggiunta che mi è venuta in mente solo ora.
Il mio liceo risiedeva in un antico palazzo del centro storico che era stato convento, ospedale e infine carcere minorile. Di solito avevamo la classe che dava sul cortile interno, ma una volta al secondo anno ci fu data quella che dava su una piazza nota anche cinematograficamente per un cult del cinema palermitano, o forse due. Durante una lezione molto sottotono, di quelle all'ultim'ora dopo un'ora di educazione fisica, all'improvviso sentimmo uno di questi carretti che dal silenzio scoppiò in un ta-tta-ra-tta-ra-ta-tta-ra inconfondibile: la sigla di Beautiful.