Ho sempre te
Cristina Donà comincia il nuovo disco con un benvenuto. No, lo comincia con i preparativi del benvenuto: padrona di casa attenta dispone i particolari, dipinge col suo oro i sogni di cui non mi ha ancora parlato. Il suo giardino è in mia attesa. Voi potete pure lasciarci soli. Ritroverò quel che avevo perso, le sue sorprese, dopo quattro anni passati a guardare fotografie di quelle passate. Il suadente preliminare che apre Dove sei tu ritornerà alla fine del disco, se si eccettua la traccia bonus del remix di Triathlon, nella circolarità di un abbraccio infinito, di un giardino che non si chiuderà mai.
Torna così la voce più bella delle ragazze italiane, luminosa come stella buona anche quando è inquieta, capace di sinuose danze e acute capriole bambine. Assistita da Davey Ray Moor, che le cuce addosso suoni più morbidi e pop, Cristina Donà dà l’idea di essere in pace con se stessa più che in passato. Non abbandona invece le delizie degli scorci minimi a due, che anzi sono il tema conduttore del disco, e accanto a questi si affacciano sprazzi di ironia giocosa.
All’entrata del giardino si fa subito Invisibile e la dolcezza fragile delle domande trova un contrappunto nascosto nella tensione che semina la batteria. In fondo al mare ha nel ritornello degli incantevoli tuffi di note dai tintinnanti imperativi al più profondo blu, mentre la chitarra descrive bolle che risalgono in superficie. La fuga atletica ed electro di Triathlon, replicata pure nel Casa Sonica Remix di Samuel dei Subsonica, è utile nell’introdurre una svolta ritmica, ma la metafora su cui ruota la canzone mi pare un po’ forzata. Segue The Truman Show (Lui riprende dall’alto), ruvido rock in cui la voce di Cristina sfodera il suo lato più tagliente in un’ossessione da osservazione che allude a tutto tranne che ai programmi televisivi. La title-track, Dove Sei Tu, rallenta l’andatura in un dondolio notturno impreziosito dal duetto jazzato tra pianoforte e tromba. Il Mondo non è purtroppo la cover di Jimmy Fontana, ma è ugualmente curiosa nel suo mischiare fisarmonica (o ghironda?) e ritmi reggaeggianti. L’Uomo Che Non Parla vede Cristina gigioneggiare tra gospel, urletti e gorgheggi divertiti fino alla chiusa davvero irresistibile di “Eh, sì, più di uno anche”. La sua imitazione di una tromba introduce l’unico pezzo in inglese, Give It Back (To Me), blues alla maniera di PJ Harvey giusto meno nervoso. Salti Nell’Aria (Milly’s Song), canzone scritta per la figlia nata a Davey durante la produzione del disco, è una melodia strappasorrisi che sembra uscita da un musical, infantile e classica nel suo vestito lussuoso. Prima della chiusura rimane appena Un Giorno Perfetto, in cui ricorre il tema della fine, della fine di agosto, della fine di qualcosa che ci sembra irripetibile ma che forse, prima o poi, ritornerà.