15.4.03

Fratellini

Quando si parla di musica italiana si corre spesso un doppio rischio. Il pregiudizio della provenienza potrebbe spingere verso critiche ingenerose, condite da un filo di spocchia, che eviteremmo se invece avessimo in mano l’ultima sensazione scozzese, la sconosciuta novità giapponese o l’affermato artista all’ennesima conferma. Ultimamente però, forse anche per combattere una crisi non solo di vendite ma anche creativa, si è diffusa una politica di sostegno che coccola i nostri musicisti: quando il disco è buono non si nega un voto in più; quando invece non convince ci si limita alla cronaca, se non al pettegolezzo. Il noto complesso ha già colpito le riviste inglesi con conseguenze che conosciamo, sia sulla stampa che sulla qualità dell’offerta musicale d’oltremanica. Insomma, nel parlare per la prima volta di un gruppo italiano, anche se canta in inglese, cercherò di essere una via di mezzo tra l’anZiano che ha visto tutto e le esplosioni di generosità fraterna (minore, eh).
Gli Yuppie Flu sono di Ancona e sono usciti da circa un mese in Italia, ieri in Europa, col loro nuovo disco intitolato Days Before The Day. Se tempo fa potevano essere considerati degli epigoni dei tardi Pavement con richiami anche ai dEUS, nell’ultimo EP e nell’ultimo cd hanno introdotto ulteriori influenze quali quelle provenienti dai gruppi pop-psyke (Mercury Rev, Flaming Lips, Delgados) con una spolverata di microfratture elettroniche, tanto di moda ultimamente in ambito indie. Persino la voce di Matteo Agostinelli allude nella sua nasalità, da molti poco amata, alle giravolte di Donahue in Deserter’s Songs. Dosando orpelli e velocità, gli Yuppie Flu evitano uno scenario uniforme spaziando tra ballate trasognate (Dreamed Frontier, Spring To Downcomers, la rotonda Drained By Diamonds) e accelerazioni elettriche (Food For The Ants, Eyes Of Dazzling Bright e Silverdeer). Il disco suona ben fatto e aspira a fare parte di una scena europea, tuttavia mostra proprio il limite di una eccessiva aderenza al modello di partenza. Discreto, ma al terzo lavoro della nuova promessa del rock indipendente italiano dovrebbe essere lecito aspettarsi maggiore personalità.