Chobin ambient
Mentre scrivo si è incantato a Frassica il jingle di Telescasazza. La Gialappa’s intervista Maria Pia senza Superzoo ed io eccezionalmente non ascolto il disco di cui parlo. Vado per opposti. Confusione per un disco di silenzi.
Hlemmur è un documentario sugli homeless islandesi. I Sigur Rós ne hanno scritto la colonna sonora, portando avanti il vecchio discorso delle loro tentazioni ambient. Il disco non è uscito ufficialmente per il mercato, ma alcune copie sono state stampate e vendute durante i loro concerti. Se ne prevede la pubblicazione in futuro, anche se Hlemmur ha il sapore del progetto collaterale e gli islandesi cominceranno a lavorare al materiale per il nuovo cd da dicembre.
Von, il loro primo disco, era una sorta di raccolta di tentativi ancora poco collegati tra loro: elettronica d’ambiente e rumorista, rock sonico e folk spaziale con tanto di plagi da John Cage. In Ágætis Byrjun l’elettronica era al servizio di strutture più rock, per quanto diluite. In “ ( ) ” era la sorpresa più interessante, ben più dell’hopelandish e delle accelerazioni alla GY!BE della seconda parte del disco: i rumori e i campioni vocali rallentati e accellerati della prima parte del disco agivano come microorganismi in sospensione ed erano la chiave della manipolazione dell’ascoltatore, inquietanti nel loro agire nascosto.
Hlemmur lascia la scena a questi suoni. Niente batteria, niente voce, niente chitarre. I campioni vocali vengono spersonalizzati e si incrociano con i sintetizzatori. I pezzi sono tutti molto brevi, rarefatti e quasi privi di ritmiche se si eccettuano alcuni glitch e un paio di episodi con batteria elettronica. C’è pure un pezzo in cui il sintetizzatore è quasi lounge. Più un commento ad un film di fantascienza che ad un documentario. Cresce negli ascolti, ma è molto limitato dalla forma frammentaria delle tracce che va bene per una colonna sonora e che però può essere noiosa su disco. Ha dei momenti poetici, ma in certi casi ricalca alcune delle ultime cose dei Múm. Affascinante negli episodi più onirici, risulta incompiuto e non certo rivoluzionario dal punto sonoro. Il lavoro sviluppato in questo disco potrebbe però risultare utile in futuro, immerso in un contesto meno omogeneo.